Soldi ai boss per essere eletto: in manette Zambetti

Zambetti avrebbe dato alla 'ndrangheta 200mila euro per 4mila preferenze L'accusa: corruzione, voto di scambio e concorso esterno. Venti gli arrestati

Milano - Il suo slogan. «La forza della competenza». Un manifesto policromo alla Andy Warhol. Domenico Zambetti, ex Dc poi Pdl, assessore alla Casa alla Regione Lombardia, campione di preferenze alle ultime elezioni. Undicimila e 200 voti. Ma 4mila dei quali - si scopre ora - sarebbero stati comprati dalla 'ndrangheta, pagando circa 200mila euro. Voto di scambio. Corruzione. Concorso esterno in associazione mafiosa dal 2009. Così, ieri mattina, Zambetti è stato arrestato dai carabinieri di Milano assieme ad altre venti persone. Tra questi, due colletti bianchi delle cosche: Giuseppe D'Agostino, gestore di locali notturni già condannato anni fa per traffico di droga, ed Eugenio Costantino, referente del clan «Mancuso» di Palmi. Ma in carcere finisce anche Ambrogio Crespi, fratello di Luigi (il sondaggista condannato in primo grado a 7 anni per il crac di Hdc) che in cambio di soldi avrebbe garantito la raccolta di 2mila e 500 voti sul territorio milanese.
L'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini piomba come un terremoto su Palazzo Lombardia. Zambetti, secondo l'accusa, si sarebbe messo a disposizione delle cosche una volta ottenuto il pieno di preferenze (pagate 50 euro l'una): assumendo la figlia di uno dei due 'ndranghetisti all'Aler, l'ente che gestisce le case popolari, promettendo un appartamento all'amante di un affiliato, assicurando di far avere lavori a cooperative e ditte legate ai boss anche in vista di Expo 2015. Una vicenda «devastante per la democrazia», commenta la Boccassini. Zambetti è rimasto «inglobato nel meccanismo di favori da concedere alla 'ndrangheta», senza possibilità di uscirne. Dopo aver contribuito alla sua elezione, infatti, le cosche avrebbero cominciato a fare pressioni sull'assessore. Poi, vere e proprie minacce.
C'è di tutto, nelle oltre 500 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip Alessandro Santangelo. Nel sottobosco criminale che compone lo sfondo del patto tra politica e crimine organizzato si contano decine di episodi di estorsione (nei territori di Crema, Settimo Milanese, Assago e Cuggiono), detenzione di armi, un sequestro di persona, fatti di ricettazione, riciclaggio e falso, la scoperta di un bunker nel quale i boss si erano ricavati una stanza segreta nel tentativo di sfuggire agli arresti. E pure un invito esteso dal sindaco di Sedriano ai boss per prendere parte a una manifestazione in cui partecipava Nicole Minetti.
Ma c'è anche chi ha rifiutato l'appoggio della malavita. Il leghista Marco Tizzoni, candidato per la lista «Gente di Rho» alle ultime comunali, a cui era stato proposto un pacchetto di 200 schede. «Io non accetto voti di lobby strane», ha risposto con un sms all'emissario delle cosche. Cosa che invece avrebbero fatto a sinistra.

«I voti dei calabresi - si legge in un'intercettazione - li ha comprati tutti il Pd». Tizzoni, però, non ha sporto denuncia. E nessuna denuncia è arrivata nemmeno dai molti imprenditori vittime del racket. La conclusione dei magistrati è sconsolante: «È l'anti-Stato che diventa più forte dello Stato».

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