TorinoPene da rivedere. Al ribasso. Questa la sentenza choc della corte di Cassazione di Roma che nella tarda serata di ieri, dopo oltre tre ore di camera di consiglio, ha nuovamente rinviato il processo sul disastro Thyssen alla corte d'appello di Torino. Nello specifico, i giudici supremi hanno confermato la responsabilità degli imputati ma hanno annullato senza rinvio una parte della sentenza di appello che riguarda una circostanza aggravante. Ci sarà dunque un nuovo processo per rideterminare le pene dei sei imputati (condannati in secondo grado a pene tra i sette e i dieci anni) per l'incendio scoppiato nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 costato la vita a 7 operai. «Vergogna, avete scelto di non decidere in modo che questi vigliacchi non vadano in carcere», la prima reazione dei parenti delle vittime assiepati fuori dall'aula magna del Palazzaccio.
Ultimo atto, ieri, di quella che è stata definita una spoon river italiana: era il 5 dicembre del 2007 quando sulla linea cinque della fabbrica di corso Regina Margherita si scatenò l'inferno. E ieri mattina alle 11, in Cassazione, davanti alle sezioni unite, è di nuovo andata in scena la tragedia, raccontata dalla voce profonda e asettica del relatore Rocco Blaiotta. Presenti, come sempre, come lo sono state in tutte le cento udienze che hanno scandito il processo di primo e secondo grado, le madri ancora martoriate dal dolore per la morte dei figli. I parenti delle vittime hanno atteso per tutto il giorno all'esterno di Palazzo dei Marescialli, mostrando striscioni con le foto dei ragazzi uccisi dalle fiamme. Al loro fianco anche il deputato del Pd, Antonio Boccuzzi, unico operaio uscito vivo da quell'inferno di fuoco. Blaiotta ha esposto i fatti nella loro lineare crudezza. La morte dei sette operai è il frutto «dell'inefficienza e dell'inidoneità dei meccanismi di emergenza dello stabilimento a svolgere le loro funzioni» ha detto, ricordando la situazione di «grave degrado» dello stabilimento tanto che dopo l'incendio «gli ispettori della asl rilevarono ben 116 violazioni». Il relatore ha inoltre ricordato i tentativi degli operai di spegnere il rogo, ma «il primo estintore risultò non funzionante, venne poi srotolata una manichetta antincendio ma l'apparato di spegnimento non funzionò per la mancanza di pressione».
Ma, ancora prima della doccia fredda della sentenza, già una prima delusione per i familiari delle vittime era arrivata dalla voce del sostituto procuratore generale, Carlo Destro, che respingendo la tesi della procura di Torino aveva chiesto di confermare le condanne di appello e di rigettare, quindi, il ricorso presentato dal procuratore Raffaele Guariniello e dai sostituti Francesca Traverso e Laura Longo. I magistrati torinesi, infatti, chiedevano una riforma della sentenza: chiedevano che si facesse un passo indietro, che si tornasse alla sentenza di primo grado quando l'ad Herald Esphenhahn venne condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario nella forma del dolo eventuale. Ma per il pg della Cassazione bene hanno fatto i giudici d'Appello a non riconoscere il dolo e a condannare gli imputati per omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente.
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