Le toghe si svegliano tardi: processo a chi parla troppo

L'Anm vuol mandare davanti ai probiviri il giudice intervistato dopo la sentenza. Ma quando la vittima era il Cav l'associazione non si è mossa

Le toghe si svegliano tardi: processo a chi parla troppo

Roma - Due processi sui quali l'attenzione dell'opinione pubblica è sempre stata altissima e due giudici che, all'indomani delle rispettive sentenze di condanna, spiattellano sui giornali dettagli e confidenze su quanto accaduto in camera di consiglio. Con una differenza: quando il chiacchierone di turno è il giudice Antonio Esposito, il presidente della sezione feriale della Cassazione che lo scorso agosto ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per il processo dei diritti tv Mediaset, l'Associazione Nazionale Magistrati fa quadrato intorno al collega liquidando tutt'al più come «inopportuna» la chiacchierata con il giornalista amico; quando invece a lasciarsi andare a rivelazioni sul verdetto a poche ore dalla decisione è Alessandro Nencini, il presidente del collegio giudicante che ha dichiarato colpevoli Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher, l'Anm è pronta a bastonare chi non rispetta le regole. Due pesi e due misure, insomma, per due toghe inciampate nella medesima leggerezza ma interpretata, chissà perché, in maniera diversa. Fatto sta che per Nencini i magistrati si sono mossi immediatamente e il giudice fiorentino rischia adesso di essere «processato» davanti al collegio dei probiviri dell'Anm per aver violato una norma del codice etico delle toghe. Si tratta dell'articolo 6 che disciplina i rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massa dei magistrati e pretende che i giudici si ispirino a criteri di «equilibrio», «equità» e «misura» nel rilasciare dichiarazioni a giornali o Tv. Uno dei componenti del collegio ha anticipato che, verosimilmente, si occuperanno del caso, andando oltre quanto già detto due giorni fa dal presidente dell'associazione, Rodolfo Sabelli, il quale aveva bollato come «inopportuna» l'intervista (esattamente come aveva fatto la scorsa estate con quella del giudice Esposito) e sottolineato che «tanto maggiore è l'interesse pubblico di una vicenda giudiziaria, tanto maggiore è il rischio che possono avere i commenti offerti da chi di quel processo è titolare». Ma il fatto che la condanna definitiva del Cavaliere, rischiando di tagliare fuori dalla vita politica del Paese il leader dell'opposizione, andasse a toccare equilibri delicatissimi, non è bastato per convincere l'Anm ad intervenire contro il giudice che aveva anticipato a mezzo stampa le motivazioni di una sentenza di tale rilievo a poche ore dal verdetto. Allora Sabelli spiegò che le dichiarazioni di Esposito non avrebbero avuto conseguenze processuali, né disciplinari, perché si riferivano ad una sentenza definitiva. Anche il segretario dell'associazione, Maurizio Carbone, concordò che quella di Esposito era stata una semplice «scivolata», la quale non avrebbe cambiato assolutamente la vicenda processuale. E così, dell'intervista in cui il giudice spiegava che Berlusconi era stato condannato non perché «non poteva non sapere» della frode fiscale ma perché «qualcuno aveva detto che sapeva» alla fine si occuparono il Csm e la Procura Generale della Cassazione. Non l'Anm, la cui difesa corporativa evidentemente segue regole arbitrarie.

Questa volta, invece, per l'Associazione Nazionale magistrati ci potrebbe essere materia per un procedimento disciplinare associativo in attesa di sapere che cosa deciderà di fare oggi il Csm, come anticipato dal consigliere Nicolò Zanon: «Il caso è sicuramente grave, decideremo se chiedere l'apertura di una pratica in prima commissione».

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