A Delhi fumata nera numero 26 con l'ennesimo rinvio del caso marò a lunedì prossimo quando il nuovo governo Renzi dovrebbe presentarsi in Parlamento. L'Italia reagisce richiamando il nostro ambasciatore per consultazioni e convocando alla Farnesina quello indiano. Stesso copione di due anni fa quando sono stati arrestati i marò accusati di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Il problema è che siamo ancora al punto di partenza.
Il giudice della Corte suprema, B.S. Chauhan, contraddicendo se stesso, ha ancora una volta rimandato l'udienza per la presentazione delle accuse definitive nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il procuratore generale G.E. Vahanvati si è di nuovo appellato alla richiesta di «alcuni giorni di tempo. Il governo ha affidato al ministero della Giustizia l'incarico di formulare una nuova proposta per uscire dall'impasse».
Gli indiani si arrampicano sugli specchi a causa dell'applicazione della famigerata legge antiterrorismo, l'unica che potrebbe far condannare i marò, ma con lo spettro della pena di morte. Il legale dei fucilieri di Marina, Mukul Rohatgi, si è scagliato contro l'ennesimo rinvio chiedendo che agli assistiti venga concesso il ritorno in patria in attesa del processo. Al suo fianco c'era l'inviato del governo italiano Staffan De Mistura.
Il rinvio è l'ennesimo schiaffo per l'Italia e ha sollevato dure reazioni: «Non è più accettabile: non possono essere vittime di lungaggini e complessità, per non dire altro...» ha dichiarato al Tg2 il ministro degli Esteri, Emma Bonino. Per quello della Difesa, Mario Mauro «La misura è colma (
). Su questo caso non c'è giustizia: siamo di fronte ad un comportamento ambiguo ed inaffidabile delle autorità indiane».
Il nostro ambasciatore a Delhi, Daniele Mancini, è stato richiamato a Roma per consultazioni. Il primo passo di un'escalation che potrebbe arrivare anche alla richiesta di far rimpatriare uno o più diplomatici indiani cominciando dai livelli più bassi. Un sistema adottato ai tempi della guerra fredda nel braccio di ferro fra Mosca e Washington.
La Farnesina ha convocato l'ambasciatore indiano, Basant Kumar Gupta, per una protesta ufficiale da parte del segretario generale Michele Valensise.
La Ue «è delusa» di apprendere che «dopo due anni dall'incidente la Corte Suprema ha ancora una volta rinviato la decisione su quale legge debba essere applicata». Gli inglesi, per la prima volta, si sono mossi ufficialmente assieme a maltesi e ciprioti con una lettera al Commonwealth a sostegno dell'Italia parlando «di grande preoccupazione».
Da Herat il capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, ha ribadito che bisogna «spostare la querelle su un arbitrato internazionale».
Sul sito del quotidiano Times of India i lettori si sono divisi fra appelli ad «impicchiamoli e finiamo il lavoro», critiche alle lungaggini della giustizia locale e attacchi alla leader politica Sonia Gandhi di origini italiane. «Rimanderemo indietro i fucilieri solo se l'Italia firma un accordo per riprendersi Sonia» è uno dei commenti.
«Liberi adesso» è invece la richiesta che oggi arriverà dalle piazze delle maggiori città italiane dai partecipanti al flash mob organizzato per le 18.
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