Il mese di agosto termina col botto. Altro che “chiusi per ferie”, la politica non va in vacanza e ci delizia con una sfilza di peggiori degni del nostro podio. A Nichelino, per esempio, c’è un sindaco del Pd tanto spaventato da quello che pensa e che canta Povia da mettergli il bavaglio alla bocca. Nelle procure rispuntano gip che si sentono talmente al di sopra della legge da negare il trattenimento di un pugno di immigrati a Porto Empedocle. In giro per l’Italia, poi c’è un senatore, ex presidente del Consiglio, con un passato nel Pd, poi in rotta coi suoi compagni di partito e ora, contro tutto e tutti, pronto a tornare a casa pur di non sparire dalla politica. A Berlino, infine, c’è un cancelliere che, dopo anni di accoglienza buonista, apre gli occhi e si accorge che troppo spesso immigrazione, fondamentalismo islamico e terrorismo vanno purtroppo a braccetto.
Tutti personaggi degni, dicevamo, di un posticino di primo piano in questa nostra rubrica che si appresta a compiere il secondo anno di vita. Ma, ahinoi per loro. C’è chi è riuscito a fare di peggio. E così al terzo posto troviamo Cecilia Parodi. Un nome che con buone probabilità risulterà sconosciuto ai più. Lei si definisce scrittrice ma i suoi libri non li troverete in cima alle classifiche né nelle vetrine delle librerie. Se la ricordano però molto bene i giovani del Partito democratico che in più di un’occasione l’hanno invitata a vomitare odio contro Israele. Adesso, però, tutto quell’odio rischia di costarle molto caro. Nel mirino, infatti, è finito un video (poi rimosso) in cui dice senza mezzi termini: “Odio tutti gli ebrei, odio tutti gli israeliani, dal primo all’ultimo, odio tutti quelli che li difendono, tutti i giornalisti, tutti i politici, tutti i paraculi. Spero di vederli tutti impiccati! Giuro che sarò la prima della fila a sputargli addosso!”. E pensare che a una come la Parodi i giovani dem hanno steso il tappeto rosso persino all’università Statale di Milano dove hanno organizzato un convegno a margine del quale è stato invocato Allah leggendo una sura del Corano e invocando il jihad. Ecco, dunque, il volto del germe antisemita che infetta la sinistra e a causa del quale numerosi esponenti del Pd, nei mesi scorsi, hanno deciso di cambiare partito.
Al secondo posto troviamo Mark Zuckerberg, mega boss di Meta che nei giorni scorsi ha svelato le pressioni subite dell’amministrazione guidata da Joe Biden per manipolare il dibattito pubblico su Facebook e Instagram. “Abbiamo fatto scelte - ammette ora - che oggi non rifaremmo”. Intanto, però, con la scusa delle fake news russe, quelle scelte hanno portato a influenzare il dibattito sul Covid. E non solo. Su pressione dell’FBI l’algoritmo avrebbe pilotato anche il dibattito sullo scandalo che travolse Hunter Biden poco prima delle presidenziali del 2020. Pilotare il dibattito pubblico, moderare le informazioni e filtrare le notizie, però, puzza lontano un miglio di censura. Soprattutto se dietro c’è un’amministrazione politica o peggio ancora un’agenzia governativa di polizia.
Al primo posto svetta Beppe Grillo, tornato alla ribalta da qualche giorno nel dibattito politico per uno scontro a distanza con Mister pochette Giuseppe Conte. Sembrava proprio che il comico volesse spaccare tutto, il M5s in primis, colpevole a suo dire di aver abbandonato lo spirito primordiale del “vaffa”. A farlo imbufalire tutti quei politicanti di professione allevati dall’avvocato del popolo. In barba al comandamento dell’uno vale uno, eccoli che vogliono calpestare la regola aurea su cui l’Elevato e Gianroberto Casaleggio avevano fatto giurare i grillini: due mandati e poi a casa, perché non si vive di politica. Al movimento è, infatti, bastato arrivare a Roma per farsi partito e ai suoi adepti per farsi Casta. Noi, però, abbiamo creduto a Grillo quando nei giorni scorsi ha tirato per le orecchie Giuseppi intimandogli che oltre il secondo mandato non si va.
Poi però, appena gli è paventata la possibilità che venisse rivista la consulenza di comunicazione col partito, ecco subito scendere a più miti consigli e farsi ingolosire dal più banale do ut des: all’avvocato di Volturara Apula la possibilità di rieleggere i suoi uomini, ormai al terzo mandato; a Beppe il rinnovo del contrattino da 300mila euro. Mica male, questi Cinque Stelle. Sempre numeri uno in coerenza, non c’è che dire!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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