"Se il ’68 doveva essere il periodo del cambiamento, il vero '68 è iniziato solo alla fine degli anni ’90". Il sondaggista Antonio Noto, autore del libro "Chi ha cambiato l'Italia?", edito da Rubettino, racconta le grandi trasformazioni della società italiana del 1993 ad oggi.
Come e quanto sono cambiati gli italiani e l'Italia in questi ultimi 30 anni?
"Non c’è un periodo particolare ma nel libro scrivo che il cambiamento è stato costante nel tempo e ha coinvolto gli stili di vita, i comportamenti sociali e anche la politica, o meglio il modo di raccontare la politica. Si pensi come è cambiato in questi 30 anni il ruolo della donna, e non solo nel mercato del lavoro. In questi ultimi 30 anni ci sono stati sconvolgimenti sociali che i sessantottini non si sognavano neanche. Oltre al ruolo della donna pensiamo qual è stata l’evoluzione della famiglia, o meglio del concetto di famiglia. Nel libro analizzo anche altri aspetti come la concezione del lavoro. Proprio su questo argomento da dopo la fase acuta del Covid si sono registrati i maggiori sconvolgimenti: siamo passati dalla Milano da bere degli anni 90 in cui il lavoro era l’elemento centrale della vita ed il successo professionale era considerato l’obiettivo da raggiungere, all’Italia del benessere degli anni venti venti in cui il lavoro è considerato solo come fonte di reddito e l’obiettivo personale è diventato il benessere e non più il successo. Quindi non un benessere economico o monetizzato ma la ricerca di un benessere interiore".
Dice davvero?
"Sì, circa la metà dei giovani oggi non è più alla ricerca del “posto fisso”, anzi la tendenza è abbandonare il lavoro stabile per poter al meglio gestire il proprio tempo, al di fuori della mercificazione del lavoro. Poi accenno anche a come sia cambiato il vissuto della terza età. L’essere anziano non è più una forma di rassegnazione ma è entrare in un altro universo, altri bisogni ed altri stimoli. È chiaro che questi nuovi comportamenti hanno generato la richiesta di un consumo diverso rispetto a prima. Infatti la domanda è: quello che noi chiamiamo “il cambiamento degli stili di vita” è un’evoluzione naturale dell’esistenza umana oppure è stato indotto dal business per stimolare la domanda e creare nuovi bisogni? Nel libro propendo per quest’ultima risposta".
La mancata fidelizzazione degli elettori dipende dalla fine dei partiti tradizionali della prima repubblica?
"Anche ma non solo. Però c’è da dire che l’astensione è più alta nel voto delle elezioni amministrative che non in quello delle politiche. Forse gli italiani ritengono che gli amministratori locali possono incidere poco nei cambiamenti della qualità della vita sociale ed economica, invece è nel governo che si registrano le maggiori aspettative. Quindi gli amministratori locali dovrebbero riposizionare il loro ruolo, la colpa non è degli elettori che non votano ma dei sindaci o governatori che non riescono a costruire un legame sentimentale con i propri cittadini".
Dal punto di vista politico, il trentennio 93-2023 si può definire il trentennio berlusconiano?
"Tra i maggiori cambiamenti c’è stato quello della politica, o meglio del modo di raccontare la politica. Questo è un tema che affronto nel libro. Berlusconi è stato il leader che ha creato la comunicazione politica partendo dalle leve del marketing del largo consumo. Solo qualche esempio. Prima dell’avvento del Cavaliere i sondaggi erano strumenti scientifici utilizzati solo nel mondo del business, dal 1993 rappresentano il pane quotidiano anche dei leader e dei media. Così anche le strategie che sono alla base della comunicazione politica, Berlusconi per la prima volta ha creato lo storytelling, strumento questo utilizzato per indurre i bisogni nel settore del largo consumo. Con Berlusconi quindi è iniziato un nuovo modo di comunicare della politica, essendo lui stato il padre di questa nuova tendenza è stato anche l’unico politico ad essere stato sempre presente nell’opinione pubblica durante gli ultimi 30 anni".
Quanto ha inciso il berlusconismo nella società italiana?
"Come scrivo nel libro, ci sono stati due Berlusconi, quello politico e quello aziendale, ed ognuno era complementare all’altro. Silvio non ha solo creato un nuovo modo di comunicare la politica ma aveva compreso che lo stesso mercato politico aveva bisogno del cambiamento degli stili di vita. Per questo ha funzionato il sistema mediatico che aveva realizzato. I suoi media proponevano nuovi valori e facevano nascere altri bisogni, il suo partito raccoglieva il consenso generato appunto dall’aver inciso nel cambiamenti sociali".
Il Pd e il centrosinistra sono stati in grado di capire i cambiamenti degli ultimi 30 anni oppure li hanno interpretati solo come un ulteriore esigenza di difendere i diritti LGBT?
"La sinistra ha nel proprio DNA la difesa dei diritti civili, il problema non è difendere questa o quella associazione, la criticità è che un partito politico se vuole diventare maggioranza deve intercettare il consenso di popolazione con un profilo eterogeneo. Se parli solo ad uno stesso target rimarrai sempre marginale. Questa regola vale nella politica ma anche nel mercato economico. E’ per tutto questo che alla fine del libro affermo che la politica è stata la grande assente nel determinare il cambiamento mentre il mondo business ha saputo intercettare,stimolare e gestire i nuovi stili di vita e comportamenti sociali. La prova del nove? I consumatori sono fedeli alle marche ma gli elettori non sono fedeli ai partiti".
Dal punto di vista socio-economico, quanto e come hanno inciso i nuovi media sugli usi e costumi degli italiani?
"Sono stati fondamentali, però non per la formazione del consenso politico, ma per la creazione di nuovi bisogni e stili di vita.
La politica non è stata una parte importante nella gestione del cambiamento, la vera rivoluzione l’ha fatta il business, la politica è arrivata sempre in ritardo. Insomma la regia del cambiamento è stata del mondo economico che ne riceve i maggiori benefici".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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