La vittoria del direttore: anche gli altri «Sallusti» andranno ai domiciliari

Il procuratore di Milano Bruti Liberati estende il trattamento riservato al giornalista ai casi simili. Ecco la direttiva che applica a tutti la legge "svuota carceri"

Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, al termine del processo per direttissima
Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, al termine del processo per direttissima

Milano - Doveva essere il giorno del giudizio per Alessandro Sallusti, chiamato a processo per l'evasione simbolica di sabato scorsa dalla casa dove era stato appena rinchiuso agli arresti domiciliari: e invece, a sorpresa, diventa il giorno in cui il direttore del Giornale incamera la sua prima vittoria. Perché mentre al piano terreno del Palazzo di giustizia il processo per direttissima inizia e viene subito rinviato, quattro piani più su il procuratore Edmondo Bruti Liberati vara il provvedimento che estende a tutti i condannati il «trattamento Sallusti». È l'interpretazione avanzata della legge svuota carceri, che d'ora in poi a Milano dovrà essere applicata anche ai detenuti che non ne abbiano fatto richiesta per tempo: come è stato per Sallusti, e come sarà ora anche per i «poveracci», come li ha definiti l'unione degli avvocati penalisti.
«Non voglio questo riguardo - aveva detto Sallusti quando Bruti aveva chiesto d'ufficio per lui gli arresti domiciliari - perché voglio essere trattato come tutti i condannati. Voglio essere rinchiuso in carcere». Contro la sua volontà, gli arresti domiciliari gli erano stati concessi lo stesso, su richiesta di Bruti. A insorgere allora erano stati i pm dell'ufficio esecuzione, che avevano accusato senza mezzi termini il loro capo di avere varato ad personam una interpretazione inaccettabile della legge.
Ieri mattina, il capo della Procura milanese liquida questa fronda interna con un provvedimento di autorità (la Procura, va ricordato, è per legge un ufficio gerarchico) che detta la linea cui tutti dovranno attenersi. I «criteri applicativi» della legge svuota carceri saranno d'ora in avanti quelli utilizzati nel «caso 5413», ovvero il caso Sallusti: sospensione della pena e arresti domiciliari anche senza richiesta del condannato, purché rientri nei casi previsti - cioè pena sotto i diciotto mesi, un domicilio affidabile - e non abbia l'aggravante della recidiva.
Il provvedimento di Bruti eviterà il carcere, secondo le previsioni dello stesso procuratore, a un numero non vasto di detenuti: ma a venire sancito è un principio di uguaglianza davanti alla legge. Di fatto, il decreto di Bruti potrebbe disinnescare uno dei motivi che hanno portato Sallusti a rifiutare i domiciliari e a compiere il gesto che lo ha portato nuovamente sotto processo, annunciando la sua intenzione di lasciare la casa dove era stato appena portato sabato mattina dopo l'arresto in redazione. Una evasione impossibile ed un gesto simbolico, l'hanno definita i legali di Sallusti: che stanno cercando in ogni modo di evitare al direttore una nuova condanna che potrebbe ostacolare l'ipotesi di grazia da parte del Quirinale. Ieri al giudice Gaetano La Rocca i difensori di Sallusti hanno formalizzato l'istanza di rito abbreviato, che il giudice ha accolto rinviando l'udienza a venerdì 14. Sallusti era presente in aula. Ai numerosi giornalisti presenti, tra cui il presidente dell'Ordine professionale Enzo Iacopino, il direttore del Giornale ha spiegato che non farà più istanza di essere trasferito in carcere: «Ormai non posso più chiederlo, visto che hanno respinto la mia richiesta». Poi è tornato a casa.

Com'è stare ai domiciliari? «Certo non è simpatico». E in serata, con un tweet, Sallusti ha ribadito il suo «no» agli sconti: «Oggi ho rifiutato il patteggiamento. È cosa da colpevoli o da furbi. Mi condannino, aggiungendo vergogna a vergogna».

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