Interrogazione sulla "Gerusalemme Liberata". La prof: "Si merita un 4. Inventa e cerca scuse"

Tutto è cominciato per un motivo tanto concreto quanto opportuno: "Capire come possono fregarmi i ragazzi in classe e dall'altra parte come invece è possibile sfruttare l'intelligenza artificiale per la didattica"

Interrogazione sulla "Gerusalemme Liberata". La prof: "Si merita un 4. Inventa e cerca scuse"

Tutto è cominciato per un motivo tanto concreto quanto opportuno: «Capire come possono fregarmi i ragazzi in classe e dall'altra parte come invece è possibile sfruttare l'intelligenza artificiale per la didattica». Così Elisabetta Crema, insegnante di italiano in un liceo scientifico milanese, una sera si è messa a interrogare ChatGpt. Il risultato? Non si merita neanche un miserabile 4. Non solo perché ha clamorosamente sbagliato le risposte, ma soprattutto perché quando la prof ha fatto notare alla macchina chat dietro chat l'errore, «lei» (ChatGPT parla di sé al femminile) prima ha cercato di giustificarsi, poi di ingannarla rifilandole cose totalmente inventate, infine ha cercato di convincerla di essere dalla parte della ragione con una certa subdola intenzione di instillare dubbi. Il tutto condito da un'infinità di (inutili) scuse. Diciamo che ha fatto quello che avrebbe potuto inventarsi un qualsiasi studente sprovveduto e impreparato, arrampicandosi sugli specchi e peggiorando definitivamente la situazione con una discreta dose di spocchia e arroganza. L'interrogazione incriminata verteva sulla Gerusalemme Liberata. «Ha fatto sposare due personaggi, costruendo un finale che non c'è e per giustificarsi ha inventato dei versi costruiti sul lessico dell'autore». Una vera imbrogliona insomma. «Da quale edizione hai tratto questi versi?», ha chiesto la professoressa quando si è accorta che qualcosa nella risposta generata dalla macchina non quadrava. «Mi scuso per la confusione nella mia risposta precedente», ha argomentato la Chatbot e si è prodigata in dettagli, date, edizioni, virgolettando versi inesistenti. «Non mi sembrano versi di Tasso», ha fatto notare la prof. E lei: «Mi scuso per l'errore nella mia risposta precedente. I versi che ho citato non sono di Tasso ma sembrano essere una traduzione non ufficiale dei versi originali in italiano» e bla bla. «Mi scuso per la confusione causata dalla mia risposta precedente. Ho fatto un errore di trascrizione nella strofa citata. La descrizione del matrimonio si trova nella strofa 34 (...) e non nella strofa 35 come ho erroneamente indicato in precedenza. Ecco la versione corretta». Aperte virgolette e via di versi...

«Non trovo neanche questi versi», insiste la prof. «Mi scuso ancora per l'inconveniente e la confusione...» . «Davvero inquietante - commenta l'insegnante - perché mi ha dato l'idea che abbia una programmazione tale che la induce a insabbiare i suoi errori».

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