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Intervista a Klaas-Jan Huntelaar "Olanda di qualità per fare l’impresa. E io devo esserci"

"I giocatori bravi non sono mai troppi Il dualismo con van Persie? Chiacchiere. È la mia occasione e voglio sfruttarla: me la sono guadagnata a suon di gol"

Huntelaar, lei si presenta all’Europeo con un bottino di 53 reti stagionali. Sarà la volta buona per vederla titolare in un grande torneo internazionale?

«Lo spero proprio, e mentirei se non dicessi così. Credo di essermi guadagnato sul campo la chance di giocare titolare nell’Olanda. Ho giocato tutte le partite di qualificazione, ho dato il mio contribuito in termini di reti (12, nda), perché ora dovrei farmi da parte?».

Forse perché nel suo ruolo c’è un certo Robin van Persie, capocannoniere della Premier League?

«Si parla tanto del nostro dualismo, ma secondo me è un falso problema. Abbiamo giocato assieme in passato, lui come numero 10 e io come prima punta. Possiamo farlo benissimo ancora».

Qualcuno dice che l’Olanda abbia troppa qualità davanti.

«È una considerazione piuttosto insensata, come gran parte delle chiacchiere che ho ascoltato fino ad ora. Per me conta solo il campo. E poi, come dice Bergkamp, i giocatori di qualità sanno sempre giocare bene assieme».

Come vice-campioni del mondo, è scontato inserirvi nel gruppo delle favorite.

«Concordo. Se siamo tutti in forma, possiamo battere chiunque. Qualitativamente non siamo inferiori né alla Spagna né alla Germania, ma ciò non significa sottovalutare le altre avversarie. Siamo nel girone più difficile e questo può essere un bene, perché dovremo partire subito a mille».

I giocatori chiave dell’Olanda?

«Sneijder in primis, è il cervello della squadra. Se gira lui, giriamo tutti. Ma non c’è un giocatore della rosa che non possa essere determinante, incluso il baby Willems».

Un buon Europeo può significare per Huntelaar la possibilità di lasciare lo Schalke 04 per un club più prestigioso?

«Non credo che qualche rete a Euro 2012 possa rendermi più o meno appetibile sul mercato. Di una cosa però sono sicuro: non mi trasferirò in un top club senza la garanzia di un posto da titolare. L’errore l’ho già fatto al Milan».

Esperienza da dimenticare?

«In campo, sì. Mi facevano giocare in fascia, disputavo un paio di buone partite e mi ritrovavo lo stesso in panchina. Non c’era stabilità. Ma non rimpiango di essere venuto in Italia. È stato un arricchimento professionale, e poi il paese è splendido».

Com’era il Real Madrid pre-Mourinho?

«Caotico. Ricordo gli allenamenti, così blandi che una volta mio padre mi disse che a quei ritmi avrebbe potuto allenarsi anche lui. Ovviamente esagerava, ma in Italia e in Germania ho trovato molta più intensità. Ma adesso con Mourinho credo sia cambiato tutto».

Questo Europeo rappresenta l’ultima chiamata per la vostra generazione?

«Molti di noi sono attorno ai 28 anni, ovvero il momento della massima maturità fisica e psicologica per un giocatore. Un po’ presto per parlare di ultima chance».

D’accordo, ma chi lo vince questo Europeo?

«Pronostico difficile. Nel 2004 battemmo senza problemi la Grecia in amichevole, ma poi chi diventò campione d’Europa quell’estate? Già, proprio loro...».

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