Io invece l'avrei bocciato 

U n esempio grandissimo, meraviglioso, eccezionale, degno di ammirazione. Ma non si venga a dire che è sport. O almeno non del tipo che vorrebbe si gareggiasse a parità di situazioni, con stesse limitazioni e uguali condizioni. E di «uguale» agli altri, negli arti inferiori, Oscar Pistorius purtroppo non ha nulla.
Eppure, in tempi di buonismo imperante, cuori di panna e lacrimucce facili, c’è chi trova un ulteriore motivo di indignazione nell’esclusione di «blade runner» dalle Olimpiadi di Pechino. Sono quelli dello «sport è un sogno» ma che sono pronti a esaltarsi per un gol di mano di Maradona, «dell’importante è partecipare» ma che approvano gli scudetti assegnati per via giudiziaria, di coloro sempre in prima fila nel denunciare l’uso di farmaci sotto controllo medico nelle discipline sportive ma che si commuovono per il gesto atletico influenzato e condizionato dalla tecnologia.
Sono coloro che predicano l’uguaglianza tra i contendenti, ma fanno finta di non accorgersi che un organo motorio artificiale non potrà mai essere uguale a uno naturale, a prescindere se sia migliore o peggiore. Sono quelli del «non vale tutto», ma a seconda.
Non c’era quindi neanche bisogno di scomodare un ingegnere biomeccanico tedesco per capire che le protesi di carbonio incidono comunque sulla corsa di Oscar Pistorius. Bastava dare un’occhiata alle tabelline dell’atletica: il sudafricano è l’unico nella storia dei 400 metri piani che - dividendo a metà la sua gara - nei secondi 200 metri corre più veloce rispetto alla prima frazione.
La gara dei 400 è quella che viene chiamata «giro della morte». È una corsa di sfinimento: si parte, e vince chi riesce a mantenere più a lungo la velocità. Michael Johnson ha stabilito nel ’99 il record mondiale con 43”18, qualcosa che assomiglia a poco meno di 11” per ognuno dei quattro quarti. Oscar Pistorius è accreditato di un 46”34 sulla distanza. Ma i primi 200 metri li fa in 25-26” e i secondi in 21” e un po’. Dopo la partenza acquista ritmo, la sua falcata si fa più ampia, la distribuzione dell’energia, opposta a quella di un normodotato, gli permette di aumentare la propria velocità nel finale, quando tutti gli altri la diminuiscono. E se corre in ultima corsia, dove la curva è più ampia, è ulteriormente avvantaggiato.
Più veloce di Jeremy Wariner (miglior tempo 2007 con 43”45), più rapido di Johnson. Unico nella storia dell’atletica.
La sua è una menomazione fisica terribile. La storia di Pistorius è la dimostrazione che esiste un’opportunità di vivere una vita normale anche per i più sfortunati.

Ma se l’essenza dello sport è quella di dare un modo agli atleti di misurarsi ad armi pari, la Iaaf bene ha fatto a non concedergli di partecipare alle Olimpiadi. «Blade runner» non può essere una favola. È molto di più.

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