A meno di una settimana dal voto è iniziato lo sprint finale dei candidati repubblicani in corsa per le primarie. Gli ultimi sondaggi evidenziano una situazione di incertezza, con il "partito degli indecisi" che, all'ultimo tuffo, potrebbe cambiare l'esito finale: metà degli elettori repubblicani dello stato si dichiarano pronti a cambiare idea prima della data fatidica, il 3 gennaio. Quello dell'Iowa è solo il voto in un piccolo Stato americano, eppure partire con il piede giusto, evitando brutti scivoloni, è fondamentale per i sei candidati in corsa. Newt Gingrich, che fino a qualche giorno fa sembrava aver conquistato un netto vantaggio sugli altri, ha perso terreno a causa della valanga di spot elettorali in tv pagati dai suoi avversari, dove si evidenziava la sua imprevedibilità nelle esternazioni. Chi ne trarrà vantaggio? Potrebbe essere Mitt Romney, l'eterno front runner (candidato favorito), che mai però ha davvero entusiasmato la base repubblicana. Dai sondaggi nazionali, però, sembra essere lui il candidato che mostra di avere più chance di impensierire Obama.
Ron Paul può farcela?
Se si guardano tutti i sondaggi, però, non si può fare a meno di notare l'impressionante "cavalcata" di Ron Paul, che è salito in testa in Iowa e potrebbe vincere: quattro anni fa da queste parti vince l'outsider Mike Huckabee, con John McCain, poi vincitore della nomination, al quarto posto. Paul ha subito un pesantissimo attacco, innescato dalla Cnn, con dure accuse di razzismo, per via di alcune frasi contenute nelle newsletter partite dal suo staff negli anni Novanta. Qualcuno ipotizza che, alla fine, questo martellamento mediatico potrebbe costare la leadership del candidato ultraliberista. Difficile, però, ipotizzare la vittoria, a sopresa, di un outsider: uno di questi, Rick Santorum, ex senatore ultra conservatore della Pennsylvania, ieri è andato ad una battuta di caccia con un importante esponente conservatore dello stato che gli ha dato il suo sostegno: "Non ho mai visto una situazione così fluida fino all'ultimo e con così tanti candidati - ha dichiarato Matt Strawn il repubblicano che guida il Grand Old Party dell'Iowa - in passato abbiamo avuto la scelta tra due candidati, ma il fatto che metà degli elettori dello stato dicano ai sondaggisti che possono ancora cambiare idea non ha precedenti".
Rick Perry non demorde
Nonostante le ripetute gaffe che ne hanno seriamente minato la credibilità, il governatore del Texas Rick Perry continua a crederci. Vuole risollevarsi e mostrarsi forte, quantomeno in grado di incidere, nel futuro, per la vittoria finale di uno dei suoi sfidanti, a cui, eventualmente, dare il proprio sostegno. Al pari di Romney anche Perry ha concentrato il massimo sforzo, nell'ultima settimana di campagna elettorale in Iowa, puntando sugli spot in tv: il tema principale su cui martella è quello dei tagli drastici alla spesa pubblica e ai costi della politica che intende fare una volta arrivato alla Casa Bianca. Un modo per "corteggiare" il voto del Tea Party.
La Bachmann gioca in casa
C'è molta attesa anche per il risultato di Michele Bachmann, che è nata proprio in Iowa. L'unica candidata donna in corsa per le primarie repubblicane ha promesso che prima del voto di martedì prossimo farà tappa con il suo bus in tutte le 99 contee dello stato. La speranza è quella di mobilitare il maggior numero di elettori perché un fattore decisivo per l'esito dei caucus di martedì prossimo, riunioni che si svolgeranno in 1774 diverse sezioni del partito durante le quale verrà scelto il candidato alla presidenza, sarà quello dell'affluenza. I vertici locali del partito sperano che possa essere più alta, o almeno pari, a quella del 2008 quando partecipò un numero record di oltre 119mila elettori. Allora Huckabee vinse con il 34%, ma si ritiene che quest'anno con l'alto numero di candidati, il vincitore otterrà una percentuale di voti molto più bassa.
Sanità, tegola su Gingrich
Il Wall Street Journal ha trovato una dichiarazione dell'aprile del 2006 in cui Newt Gingrich esprimeva il proprio entusiasmo nei confronti della riforma sanitaria di Mitt Romney, appena approvata dall'allora governatore del Massachusetts. Si tratta dello stesso testo che oggi Gingrich contesta con violenza perché considerato da mesi, dalla destra americana, l'apripista alla odiatissima Obamacare. "La legge firmata il mese scorso - scriveva Gingrich 5 anni fa - ha l'effetto di migliorare in modo radicale il sistema sanitario americano". Nelle due pagine dal titolo "Newt Notes", pubblicate all'epoca dal sito "Center for the Health Transformation", Gingrich spiegava di "essere d'accordo totalmente con Romney e i legislatori del Massachusetts". "Il nostro obbiettivo finale - concludeva - dovrebbe essere la copertura assicurativa totale per tutti gli americani". Con quale credibilità oggi Gingrich può attaccare il proprio rivale Romney, accostandolo a Obama, se cinque anni fa dichiarava di essere dalla sua parte proprio sul tema della riforma sanitaria? E con quale credibilità può continuare a sostenere che la legge approvata da Romney in Massachusetts è "una grave minaccia alla libertà dei cittadini", se proprio lui, pochi anni fa, la appoggiava.
Non è la prima volta che Gingrich mostra di aver cambiato idea in modo radicale rispetto al passato. Questo suo essere "flip-flop" (banderuola, ndr), epiteto per mesi e mesi rinfacciato a Romney, potrebbe costargli molto caro. Molto più delle bugie sulla propria vita privata.- SEGUI TUTTE LE NOTIZIE E GLI APPROFONDIMENTI SULLE PRIMARIE USA 2012
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