Più passa il tempo e più aumenta la tensione. Cade domani il quarto anno di prigionia del soldato Ghilad Shalit - rapito da un commando di Hamas infiltratosi in Israele e ora nascosto a Gaza - e l'anniversario coincide con un clima di diffuso pessimismo degli israeliani, molto sensibili sulla sorte dei loro soldati, circa le possibilità di vedere il giovane caporale presto a casa. Sale perciò la protesta popolare e aumentano le pressioni sul premier Benyamin Netanyahu perché porti a rapida buona fine la vicenda, anche a costo di pagare l'alto prezzo chiesto da Hamas: un migliaio di detenuti palestinesi, oltre 400 dei quali responsabili della morte di centinaia di civili israeliani.
Israele, a quanto risulta, ha accettato in linea di massima di pagare il prezzo richiesto ma si rifiuta di liberare alcune decine di detenuti, inclusi nella lista formata da Hamas, che formano il cosiddetto «nucleo duro». Teme che una volta a piede libero possano riformare le strutture clandestine del terrorismo che i servizi di sicurezza avevano molto penato a demolire. I tentativi egiziani e tedeschi di trovare un compromesso sono tutti falliti e di fatto i negoziati risultano fermi.
Diverse famiglie che hanno perso parenti stretti in attentati, pur simpatizzando con Shalit, si sono espresse contro la liberazione di detenuti responsabili di alcuni dei più sanguinosi attentati. Altre sono su posizioni opposte. Hamas, che si rifiuta di permettere visite della Croce Rossa a Shalit, dal canto suo insiste sulle sue condizioni. Un suo esponente a Gaza, Khalil al-Haya, ha dichiarato alla Tv del movimento islamico che «Shalit non tornerà a casa se Israele non pagherà interamente il prezzo richiesto». I tentativi di rapire altri israeliani, ha aggiunto, andranno avanti fino a quando vi saranno detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Attualmente si stima siano undicimila.
Sul caso Shalit si è espresso anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, in visita in Israele. Chi ha rapito il soldato, ha detto, «va considerato per quello che è: un terrorista». Aumenta intanto la pressione dell'opinione pubblica sul governo israeliano. Oggi il quotidiano Maariv ha pubblicato un editoriale del suo direttore dal titolo «Non c'è scelta» per appoggiare la campagna a favore di Shalit. Domani nei giornali sarà incluso un nastrino giallo che la popolazione è invitata a ostentare per mostrare di appoggiare la campagna.
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