L’"altra" sinistra fuori anche dall’Ue Compagni ridotti alla guerra fra poveri

L’"altra" sinistra fuori anche dall’Ue Compagni ridotti alla guerra fra poveri

RomaUn voto in più degli «altri»: la fine della sinistra si consuma anche in questa sfida grottesca, oltre i limiti del decoro, all’«ultimo» voto, al fondo del barile vuoto. Beffa che diventa perfetta quando il risultato a lungo si attesta sulla parità, e poi vede schizzare ora l’uno, ora l’altro, avanti di un centimetro, uno sputo, un’«antecchia».
Lo sforzo economico eccezionale (certo, sempre secondo i parametri di una formica) compiuto dal cartello elettorale comunista di Paolo Ferrero si arresta nella deludente palude attorno al 3 per cento, che non vale strapuntini a Strasburgo. Misero bottino, nel mondo dove «falce e martello» sono tenuti nel medesimo conto di prove d’esistenza in vita. La colpa, insiste il cocciuto Ferrero, sta nel «grave errore» della scissione di Vendola, che ha impedito a Prc di approfittare dell’«evidente crisi del socialismo europeo» e della «fine del bipolarismo italiano».
Sparta sovietica piange, ma neppure Atene libertaria ride. Oltrepassato il solco del comunismo, Sinistra e libertà non va molto più in là: con stenti sta poco sopra la stessa palude del 3 per cento, esito che non assicura un secondo vagito. Fuori da Strasburgo, lontani dalla possibilità di diventare calamita della nuova sinistra: Nichi Vendola gioca sul tavolo verde la sua scommessa avventata, la roulette conferma l’azzardo. Busserà presto in casa Pd, per far fruttare lo striminzito gruzzolo, o cercherà un’impossibile rivincita da governatore solitario. Rimettere assieme le sostanze, visti i rapporti umani ormai deteriorati, sembra la strada meno praticabile, anche se tutti diranno che si dovrebbe farlo. È così da anni, ma mai come in questo caso resta difficile immaginare che le altre componenti delle due alleanze nate dal fratricidio dentro Prc possano rimanere all’interno di due case così tragicamente segnate. Socialisti e Verdi sono già sull’uscio, da oggi si scappa via: i Verdi in Europa vanno a gonfie vele, prenderanno coraggio i dubbiosi ambientalisti italiani. Così pure l’«unità comunista» vagheggiata da Diliberto non è il «coordinamento comunista» di Ferrero. E neppure l’orizzonte che il Socialismo 2000 di Salvi sperava per se stesso (Strasburgo val bene una messa).
Tutti a casa, con poche certezze. La prima, che divisi si scompare, ma nemmeno ci si può più unire. La seconda, che «falce e martello» sono strumenti avulsi dal mondo del lavoro come dal seggio elettorale.

Cartoline sbiadite alla pari degli stanchi sacerdoti dell’ortodossia, che si chiamino Ferrero o Diliberto, Cannavò o Ferrando (altre due mini-liste). Giapponesi incarogniti o, meglio, cinesi che il vecchio Mao avrebbe saputo sì «rivitalizzare» a dovere. Al lavoro, ma nelle campagne.

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