L’America oggi alle urne i repubblicani allo sprint dimezzano lo svantaggio

Effetto Saddam sui sondaggi: solo 4 i punti di distacco dai democratici

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Recupero repubblicano in retta d’arrivo? Certi segni sembrano indicarlo. In particolare alcuni sondaggi, proprio quelli che erano stati più generosi nella misura del vantaggio democratico. Dallo stillicidio delle notizie e dalla cacofonia delle voci che «prevedono», emergono i dati raccolti da due istituti di sondaggio. Quello condotto dalla Abc e dalla Washington Post segnala un calo quasi sensazionale delle intenzioni di voto in favore dei democratici, con un margine a loro vantaggio più che dimezzato: da più 14 a più 6 in due settimane.
Tendenza confermata dal Centro di Ricerche Pew: l’handicap dei repubblicani, che due settimane fa era di 11 punti, si riduce a 4. Previsioni per la verità contrastate da altre due ricerche egualmente rispettabili, Time trova il partito di opposizione con un vantaggio tuttora superiore ai 10 punti e Newsweek concorda per quanto riguarda l’insieme degli elettori, anche se, limitando il campo a coloro che andranno sicuramente a votare, il distacco si riduce a 6 punti. Questi spostamenti dell’ultima ora possono avere diverse cause. Alcune sono tecniche: avvicinandosi il giorno delle elezioni gli «intervistati» più interessanti diventano evidentemente coloro che alle urne ci andranno e non si limiteranno a protestare contro il governo dal divano di casa. Ecco perché i 6 punti di Newsweek e i 4 della Pew paiono descrivere meglio la realtà.
Come secondo motivo gli avvenimenti degli ultimi giorni potrebbero aver inciso sugli umori del pubblico, a livello più semplice, emotivo. Ad esempio la condanna a morte di Saddam Hussein, su cui nessuna voce pubblica americana esprime dubbi, e cui pertanto quasi tutti i candidati ritengono di dover plaudire, può esser vista come, finalmente, un successo tangibile della guerra e dunque della politica di Bush. Sembrano aver fatto meno presa, nello stesso tempo, altre novità potenzialmente negative per il presidente, dalla presa di posizione dei giornali delle Forze Armate allo scandalo che ha travolto il reverendo Haggart, esponente di rilievo della destra religiosa e frequentatore della Casa Bianca, che ha lasciato il posto di leader degli «evangelici» americani dopo uno scandalo omosessuale.
Ma la differenza più incisiva può essere quella dell’inaugurazione negli ultimi giorni di una nuova, sofisticatissima arma di propaganda del Partito repubblicano: i «finti sondaggi». Un nuovo sistema di telemarketing che si presenta come un normale raccoglitore di intenzioni di voto ma che in realtà non si limita a registrarle ma coinvolge l’interlocutore, con la scusa di informarlo, in una serie di attacchi mirati al candidato democratico da lui eventualmente prescelto.
Per esempio (è accaduto nel Montana, uno degli Stati da cui dipendono le sorti del Senato) se l’interpellato ammette di provare diffidenza nei confronti dei «giudici troppo liberali», subito gli si ricorda che il candidato democratico ha «votato contro giudici come Samuel Alito e John Roberts, uomini di buonsenso e difensori del diritto alla vita». Nel Tennessee la stessa organizzazione sottolinea in ogni colloquio che il candidato democratico ha manifestato opposizione alle leggi speciali contro il terrorismo e quindi, se ne evince, la sua elezione metterebbe in pericolo la «sicurezza del Paese». Più che di convincere si tratta in questi casi di «riscaldare» un potenziale elettore favorevole ai repubblicani e dargli abbastanza motivi per andare alle urne.
Una strategia che viene poi riassunta negli slogan che lo stesso Bush ha ribadito nelle sue ultime apparizioni prima del voto odierno. Anche i democratici, naturalmente, le sparano tutte, ma il loro messaggio può apparire più complesso o «astratto»: ad esempio l’appello del senatore Schumer di New York a togliere di mano a Bush l’arma di un Congresso docile esecutore quale è stato finora quello a maggioranza repubblicana.
Il maggiore impatto emotivo di una propaganda sull’altra potrebbe decidere le sorti in alcuni Stati chiave per il Senato dove si è registrata infatti una certa ripresa dei candidati repubblicani.

Rimane invece quasi unanime il pronostico di una conquista da parte dei democratici della Camera e in più di un certo numero di poltrone di governatore, particolarmente negli Stati dell’Ovest, che avrebbe importanti conseguenze nelle elezioni presidenziali del 2008.

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