L’Inps mette in mora il governo: condono agricolo senza copertura

L’istituto rischia di perdere 6 miliardi di euro per un colpo di spugna mascherato come cartolarizzazione

da Roma

Non ci sta il presidente dell'Inps, l'avvocato Gian Paolo Sassi, sul colpo di spugna che si vorrebbe dare ai contributi previdenziali non pagati dalle aziende agricole e dai lavoratori autonomi (Coldiretti, mezzadri, eccetera) dal '98 al 2004. Il totale dei crediti accumulati dall'Istituto è pari a 6 miliardi di euro, un quarto di una Finanziaria «normale», in buona parte concentrati in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Così il presidente ha scritto una lettera ai ministri «vigilanti», Tommaso Padoa-Schioppa (Economia) e Cesare Damiano (Lavoro e previdenza sociale), e indirizzata «per conoscenza» anche al titolare delle Politiche agricole, Paolo De Castro, ritenuto il vero regista dell'affaire. Una lettera che fa pensare a una presa di distanza.
Il succo della missiva dai toni piuttosto decisi è: «Cari signori del governo, se proprio avete intenzione di portare a termine quest'operazione siano i ministri a metterci la firma e assumersene la paternità, visto che non c'è neanche la copertura di legge».
Di quello che da più parti viene considerato molto più che un condono, un «dono» agli evasori finora ne ha parlato solo Il Giornale. Le banche Unicredit e Deutsche Bank, con l'appoggio delle organizzazioni di categoria - Confagricoltura, Cia e Coldiretti -, si sono offerte di acquistare i 6 miliardi di crediti dell'Inps, parcheggiati attualmente presso la società di cartolarizzazione dell'Istituto (Scci). In cambio verseranno un minimo di 545 milioni alla Scci, di cui non si sa ancora quanti finiranno all'Inps, con la previsione di incassare attraverso le transazioni con i debitori 1800-1850 milioni di euro. Le aziende debitrici regolarizzeranno la loro posizione pagando il 20-22% dei contributi arretrati.
Dopo due mesi da quando ha preso il via questa operazione, il presidente Sassi ha chiamato la segretaria e ha dettato la lettera. Nella quale comunica che, secondo la relazione appena consegnata dall'advisor, la società di revisione Kpmg, dei 6 miliardi di crediti scritti sulla carta «il valore economico può essere stimato tra i 730 e gli 800 milioni». Quindi siano i ministeri vigilanti, dice l'avvocato Sassi, a stabilire «la congruità economica con i valori di mercato dell'offerta» presentata dalle banche, sulla base delle esperienze già maturate con le cartolarizzazioni.
Ma è soprattutto sull'«utilità dell'operazione» che «si rappresenta l'assoluta necessità di un esplicito assenso» da parte del governo, «anche in considerazione dell'assoluta novità» del marchingegno cui si vuole ricorrere. Qui è evidente la stoccata al fatto che manca qualsiasi copertura di legge, indispensabile per ogni condono. E questo è molto più di un condono. Chiude il suo messaggio, il presidente dell'Inps, in modo perentorio, sollecitando una risposta in vista del consiglio d’amministrazione straordinario convocato per oggi, ma saltato perché i ministri interpellati non hanno mai risposto.
Il punto di fondo della questione non è solo il colpo di spugna sugli arretrati. Ma anche e soprattutto quanto tutto questo peserà sulle tasche dei cittadini. L'Inps infatti dovrà pagare per intero le pensioni ai dipendenti di quelle aziende che avranno versato, se andrà bene, il 20 per cento dei contributi. Chissà che ne pensa il ministro del Lavoro ed ex sindacalista Cesare Damiano.
Il contratto preliminare per la cessione del credito agricolo tra la società di cartolarizzazione dell'Inps e le banche è stato già siglato a metà ottobre. La firma del contratto definitivo era prevista «entro la fine di novembre». Ma è slittata.

Niente «regalo di Natale» dunque per gli evasori. Può darsi che arrivi per la Befana. Ma il biglietto d'auguri, si è impuntato il presidente Gian Paolo Sassi, lo dovrà firmare il governo.
pierangelo.maurizio@alice.it

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