L’Iran ora spara sull’Onu: «Si fa dominare dagli Usa»

Ahmadinejad: «L’Olocausto usato per imbarazzare la Germania»

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Ormai mancano poche ore, ma l’incertezza permane su quello che potrà venir fuori dalla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu in cui sarà chiamato a prendere atto che l’«ultimatum» all’Iran è stato respinto. La palla è dunque alle Nazioni Unite, che sono ora sottoposte a crescenti pressioni da entrambi i protagonisti. L’ambasciatore americano al Palazzo di Vetro, John Bolton, ha già sollevato apertamente l’ipotesi che, se dal Consiglio non uscirà una risoluzione «concreta ed efficace», gli Stati Uniti tengono pronta una soluzione alternativa: la formazione di una «coalizione indipendente» che imponga delle sanzioni al di fuori delle Nazioni Unite: una formula simile nella sostanza alla «coalizione dei volonterosi» che l’America costituì e sostituì tre anni e mezzo fa al Consiglio di Sicurezza per dare una forma alla decisione unilaterale di attaccare l’Irak.
Una formula con un precedente non fortunato, e che ha provocato la veemente risposta di Teheran: «Questi discorsi costituiscono un insulto per il Consiglio di sicurezza, gesti di prepotenza, prova che non sono gli Stati Uniti a poter giudicare l’Onu, bensì l’Onu a dover giudicare gli Stati Uniti. E dovrebbe trovarli indegni di essere membri del Consiglio di sicurezza». La linea americana, insiste Teheran, dimostra che il governo Usa «non è al passo con il resto della comunità internazionale e fa ricorso non solo a delle minacce ma anche a un bluff. È nella natura degli Stati Uniti ricorrere alla forza e alle minacce: proprio il comportamento che un Paese membro del Consiglio di sicurezza non può avere. Ma tutte le persone con un po’ di buonsenso, in tutto il mondo, sanno bene che nessuna decisione può essere presa unilateralmente da una persona il cui cervello è andato in vacanza estiva». Altra allusione personale al presidente Bush. Ma la Repubblica Islamica «non si lascerà prendere in giro da coloro che le offrono il “lecca lecca” di una collaborazione in campo agricolo, mentre noi chiediamo tecnologia nucleare. Gli impianti per l’arricchimento dell’uranio sono una conquista irreversibile, da cui non c’è ritorno».
«Altre belle novità sono in arrivo», incalza Gholam Alì Haddad Adel, presidente del Parlamento di Teheran. Si tratta con ogni probabilità dell’annuncio imminente che sono riusciti gli esperimenti sul processo di arricchimento dell’uranio al nove per cento. Ancora più drastico un membro della teocrazia dominante, l’ayatollah Kayhan, considerato vicino a Khamenei: «La vera discussione sul nostro dossier nucleare non sarà discussa al tavolo delle trattative, ma risolta nelle strade di Beirut e di Bagdad». La conferma più chiara finora alla strategia da tempo attribuita all’Iran di allargare il conflitto in Medio Oriente per guadagnare tempo e portare avanti intanto i propri piani nucleari.
Il regime iraniano continua a seminare zizzania nel campo occidentale, cercando addirittura di riaprire ferite della Seconda guerra mondiale. Teheran ospiterà a dicembre una conferenza internazionale sull’Olocausto, che, dice Ahmadinejad, è stato utilizzato come «pretesto» per imbarazzare la Germania.

E ha scritto una lettera ad Angela Merkel - cui il cancelliere ha annunciato che non risponderà - che è di fatto un appello al «grande popolo tedesco» perché dica basta alle «perpetue rivendicazioni» da parte della superpotenza e dei sionisti.

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