C'è una giacca sulla sedia, sulla sedia, qui al The Music Station, prima che Laura Pausini arrivi sul palco per pochi fortunati. È quella che indossava a Sanremo quella sera, la sera della svolta, quando La solitudine ha vinto il Festival di Sanremo, trent'anni fa esatti. «Sono o non sono la cantante più matta di tutte?» dice subito spiegando come ha deciso di celebrare questi tre decenni che l'hanno portata da Solarolo alla nomination per gli Oscar, dai pianobar nei locali di provincia al Radio City Music Hall di New York. Tre concerti in 24 ore. In tre nazioni diverse. Con tre scalette diverse. Una per ogni decennio. Domenica notte ha iniziato all'Apollo di Harlem, un tempio della musica black (primo pezzo proprio La Solitudine). Poi qualche ora di sonno in volo. E, a inizio pomeriggio, nuovo concerto a Madrid nel piccolo Music Station e infine, dopo l'atterraggio a Malpensa, altri dieci pezzi al Teatro Carcano per chiudere il cerchio. Trent'anni di carriera cantati da mezzanotte a mezzanotte. «Voglio finire all'ora di Cenerentola» aveva annunciato in volo. E in tutti i tre concerti ha regalato qualche istante del nuovo singolo in uscita la prossima settimana. Titolo: Un buon inizio. E occhio al testo, ha la firma di Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari con Giorgio Pesenti e Marco Paganelli: Tu lo sai dove va, la vita senza coraggio, rimane vera senza metà, come una statua di ghiaccio».
Sul palco del Music Station a metà pomeriggio Laura Pausini tiene il piede come sempre sull'acceleratore, non si risparmia, parla uno spagnolo fluente (traduce tutto tranne porca vacca) e scherza con il pubblico. La giacca che indossa è firmata Armani ma è la rivisitazione di quella che indossava nella famosa sera all'Ariston. «La Rai mi aveva chiamato per confermarmi che Laura sarebbe stata tra i Giovani di Sanremo - racconta suo papà Fabrizio sotto il palco - e io ho subito telefonato a scuola per dirglielo. Il bidello l'ha chiamata e lei è arrivata a rispondermi preoccupatissima: pensava fosse successo qualcosa di grave a casa».
In realtà le stava cambiando la vita.
Vince il Festival. Da allora Laura Pausini ha conquistato un Grammy Award, quattro Latin Grammy e un elenco di premi lungo da qui a lì, compreso un Golden Globe. Milioni di copie vendute. Concerti tutti esauriti. E poi la tv, in Italia e anche all'estero, anzi più in Spagna e Miami che dalle nostre parti. Il vero esempio di artista che si è costruita da sola sui mattoni del proprio talento. E si capiva già allora, quando era una diciassettenne spaurita e disorientata nei camerini dell'Ariston con il premio in mano. Ma le idee erano chiare già da un bel po'. Obiettivo: diventare un fenomeno sempre più mondiale. A differenza di tanti altri debuttanti di successo, non si è risparmiata. C'è da fare promozione per sei mesi, facendo centinaia di interviste e rispondendo sempre alle stesse domande? Bene, lo faccio senza problemi. Concerti ovunque a qualsiasi ora? Idem. Una lezione per chiunque voglia davvero avere successo senza piangersi addosso, senza gridare al complotto, senza trovare sempre una scusa. Dopotutto Io canto non è solo un brano della sua scaletta a Madrid, è proprio il motto della sua carriera. «In questi trent'anni ho cantato ovunque, ma la mia storia non finisce qui». Sanremo? «Condurre non me la sento, fare il direttore artistico neppure. In gara? Neanche». Sul palco aveva detto che «ho tanta voglia di vedere che cosa capiterà, voglio andare sempre avanti». Però dopo la nomination agli Oscar del 2021 aveva bisogno di stimoli e «il vecchio management della casa discografica non mi aiutava, non era complice». Ha iniziato ad ascoltare musica nuova, poi si è confrontata con una nuova squadra tra i quali l'enfant prodige Jacopo Pesce: «Volevo spronarmi, nella musica sono un po' troppo conservatrice». Però resta battagliera: «Cado come tutti, ma cerco di rialzarmi sempre». Che carattere.
Prima del tour autunnale (e quindi di un nuovo disco che dovrebbe arrivare in autunno) si esibirà il 30 giugno, 1 e 2 luglio in Piazza San Marco a Venezia e poi il 21 e 22 luglio in Plaza de España a Siviglia perché ha iniziato la carriera suonando nelle piazze e «simbolicamente ci vuole tornare» come spiegano dal suo entourage. Insomma, è il nuovo inizio, anzi il Buon inizio di un'artista che conserva lo stesso spirito di quando una mattina le annunciarono che, sì, le era proprio cambiata la vita.
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