Lavoro, sfruttamento: la faccia sporca delle multinazionali

In libreria un volume sul lato più cupo del mondo operaio: bambini sfruttati, pesticidi, speculazioni. Ecco quello a cui non pensiamo quando facciamo la spesa

Alzi la mano chi sa che Bill Gates non è l'uomo più ricco del mondo. Certo non è povero e i suoi averi ammonterebbero a 58 miliardi di dollari, più o meno l'equivalente del guadagno annuale di tutti gli abitanti dei 50 Paesi più indigenti del mondo messi insieme. E allora chi è il Paperone della Terra, ci si può domandare. Perbacco, è Warren Buffet, azionista americano che sul suo personalissimo «conto in banca» vede scritta la ragguardevole cifra di 62 miliardi di dollari e se un solo miliardo è costituito da mille milioni, fate voi quanti zeri ci sono in quel numero sterminato.
C'è un volume pronto per le vetrine delle librerie e che promette di far parlare a lungo di sè. Si intitola «Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere» (Newton Compton, pp.288, euro 12,90) ed è opera di un austriaco che ha toccato il nervo scoperto delle aziende più note al mondo. Quelle che troviamo a portata di carrello in ogni supermercato, quelle che ci provocano un brivido di soddisfazione quando ci portiamo a casa un loro prodotto. Spesso però non pensiamo a cosa si nasconde dietro a quel prodotto, quanti bambini hanno lavorato sottopagati, talvolta anche sfruttati perché un certo paio di scarpe o una maglietta possano arrivare nel cassetto del nostro armadio con il nostro orgoglio di acquirente perfetto.
Per loro, come per tutti gli sfruttati in generale, quel lavoro è l'unica fonte di sostentamento, per noi la normalità di una cadenza di vita a cui neppure facciamo più caso. La corsa inarrestabile verso il profitto si lascia alle spalle tutto, tritura ogni cosa purché una qualche cassa di un qualche negozio o supermercato batta quel determinato oggetto dopo averne letto il codice a barre o il numero di serie. L'autore del «Libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere», Klaus Werner Lobo si destreggia così nella giungla dei marchi più noti, indaga tra le pieghe dello sfruttamento minorile, cerca di capire come la dittatura dei grandi marchi ossessiona e condiziona i nostri consumi, le nostre scelte e, più in generale, la nostra vita.

Non c'è area di lavoro che non venga passata al setaccio: le colture biologiche, le armi, la chimica farmaceutica, l'alta finanza, il petrolio. Il libro si conclude con una carrellata di schede che riassumono l'identikit dei principali marchi mondiali con relativi fatturati sedi, indirizzi internet e attività.

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