La Lega sbianchetta Bossi: via dalle foto

MilanoParola d’ordine: debossizzare. Il giorno dopo la detronizzazione di Re Umberto I da parte dell’esercito di Bobo, in via Bellerio pare di stare nella vecchia Unione Sovietica, quando si cancellavano i segni del vecchio dittatore per far spazio ai simboli del successore.
La storica effigie di Bossi, immediatamente dopo il congresso è scomparsa dal sito internet, sul quale ora campeggia soltanto l’immagine dell’elezione a segretario di Maroni. Il quotidiano la Padania si avvia verso la chiusura, per riaprire i battenti con un direttore più irreggimentato, un nuovo nome e forse solo sul web.
A coordinare i media, e cioè anche tv e radio, non sarà più Renzo il Trota, ma la triade Stefani-Gilberti-Reina, gli amministratori che lanciarono la Padania nel ’97 degli esordi. A sovrintendere il settore comunicazione sarà Davide Caparini, maroniano di ferro. Come maroniana doc sarà la responsabile del nuovo ufficio stampa di via Bellerio: Isabella Votino, portavoce di Bobo ora in forze al gruppo della Camera, i maligni la chiamano first lady. Con lei, il portavoce di Roberto Calderoli, Fabrizio Carcano, che probabilmente sarà beato fra tre donne. Scompariranno invece i referenti bossiani, a partire da Nicoletta Maggi, portavoce del Senatùr, che i maroniani accusano di aver fatto in questi mesi torve telefonate di «avvertimento», contando amici e nemici del vecchio Capo. Il tutto mentre verrà eliminato il simbolo del Sole delle Alpi, che infatti già al congresso di Assago non faceva più padana mostra di sé sul palco. La prima avvisaglia della soppressione d’ufficio del vecchio corso c’era stata il giorno stesso del congresso di Assago. Quando la Padania pubblicò una foto di Bossi in Svizzera con i governatori di Piemonte e Veneto, Cota e Zaia, nella quale il vicepresidente lombardo Andrea Gibelli, assente all’incontro, è stato inserito con un fotomontaggio a spese di Luciano Bresciani, assessore lombardo alla Sanità e medico del Senatùr.
I giochi si compiranno a ottobre. Ma intanto, già il web dà la misura di quel che accadrà. Sulla home page del sito del partito, così come sulla pagina ufficiale di Facebook, non c’è più traccia dell’Umberto. Scomparsa la sua immagine storica, che per vent’anni è stata il simbolo del Carroccio. Né c’è traccia del suo intervento al congresso, mentre ci sono quelli di tutti gli altri. Unica concessione al vecchio Capo, quella che si riserva ai leader ormai passati a miglior vita, e cioè la classica frase da maglietta, relegata in fondo alla pagina: «La mia voce si alza volutamente senza diplomazia, perché noi padani rifiutiamo di essere coinvolti nell’astuzia della palude romana che non si accorge che così tutto muore. Noi vogliamo il cambiamento». Una specie di Ernesto «Che» Guevara, ecco, Umberto «el ghe» Bossi.
Il rinnovamento passerà attraverso un piano di comunicazione importante. La Lega 2.0 non può più contare sull’immediato riscontro mediatico di uno come l’Umberto, che bastava alzasse il dito medio per guadagnarsi l’attenzione della stampa tutta. Ma avrà bisogno di informare molto su un progetto politico in progress, per recuperare consensi e credibilità.
L’obiettivo è far partire la macchina in autunno, in vista del 2013. Quando la Lega vuol strappare al Pdl un election day per Politiche e Lombardia, con un patto di non belligeranza: voi ci date il Pirellone, noi ci alleiamo con voi ma vi lasciamo campo libero in Parlamento. Sul fronte interno, significherà potenziare l’ufficio stampa della Regione, se vittoria sarà. Ma anche avere un sistema di comunicazione forte, adatto al rilancio in campagna elettorale. Così. La tv verrà trasformata in web tv, per risparmiare sui costi. La radio funziona, la ascoltano in molti, ma dovrà avere un direttore che detti la linea ai conduttori, che oggi pensano le trasmissioni ognuno per sé.
Il quotidiano va ristrutturato in toto. Il direttore Stefania Piazzo, per quanti sforzi abbia fatto in questi mesi per raccontare tutto il partito e non solo una parte, è considerata della vecchia guardia e verrà sostituita.

I 19 giornalisti e 10 poligrafici, già a stipendio ridotto, verranno forse sfoltiti ancora. Il nuovo quotidiano potrebbe viaggiare solo in Rete, per risparmiare sui costi, e per assecondare la vena telematica di Bobo, il nuovo capo.

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