"L'epoca degli yuppies? Meglio dell'era influencer"

Intervista a Massimo Boldi. L'attore ricorda gli anni '80, fra spensieratezza e ricchezze: "Non mi spiego come oggi si guadagni senza fare niente"

"L'epoca degli yuppies? Meglio dell'era influencer"

Gli anni d'oro degli yuppies e la Milano da bere li ricorda ancora con divertimento, quasi con nostalgia. E non solo perché ne fu un protagonista diretto. Dopo aver interpretato quell'epoca effervescente e quei giovani rampanti sul grande schermo, Massimo Boldi si ritrovò infatti con un bel gruzzolo sul conto corrente. Volto di popolari film comici e di cinepanettoni dagli incassi record, «Cipollino» continuò negli anni a ottenere cachet che al giorno d'oggi in molti si sognano.

Massimo, a colpi di risate e di gag è diventato ricco...

«Sono nato sul lago Maggiore, a Luino, in una famiglia senza grandi possibilità economiche. Mio padre purtroppo morì giovane, nel 1964, e io rimasi da solo con mia madre appena quarantenne e con due fratelli più piccoli da crescere. Per contribuire al mantenimento della famiglia cominciai a lavorare prestissimo. Inizialmente i guadagni erano modesti, normali. Poi sono stato forse miracolato: a un certo punto ho iniziato ad avere più denaro in tasca. E lì è un po' cambiata la vita».

Quand'è arrivata la svolta?

«Con un carosello girato nel '77 e ancora reperibile su YouTube. Era lo spot dell'Audi 80 e per quella pubblicità ebbi un compenso di 50 milioni di lire. Il mio povero suocero, napoletano di origini, subito si apprestò a consigliarmi: Massimo, compra 'na casa.... E infatti acquistai un appartamento a Luino. Avere una casa dov'ero nato era un mio sogno, potevo far vedere ai miei conoscenti e agli amici che ce l'avevo fatta».

E i cachet stellari dei film?

«Per Yuppies, il primo film che girai con De Laurentiis, presi 500 milioni. In parte li misi subito in banca, ma dovete considerare che sopra quelle cifre si pagavano comunque le tasse. Erano lordi. Anche i successivi lavori con la Filmauro si aggiravano su quelle cifre. Erano incassi eclatanti pure per l'epoca: non ero abituato a guadagnare quelle cifre, quindi era sempre una grande festa. Così ho iniziato a far star bene la mia famiglia; in quegli anni ero già sposato e quindi pensai subito a mia moglie e alle mie figlie, investendo in immobili».

Il mattone, un grande classico...

«Sì, però negli ultimi anni mi sono pentito di non aver tenuto delle abitazioni che invece sarebbero state preziose adesso. Mi ero comprato una casetta sul lago, una a La Thuile, un appartamento a Beaulieu-sur-Mer e un altro a Milano 3 dove abito ancora adesso. Alcuni di quegli immobili sono andati alle mie figlie, altri invece li ho venduti e ora me ne rammarico un po'».

Confessi, si è tolto anche qualche sfizio?

«Quello delle automobili. Le ho avute praticamente tutte. Ricordo ad esempio una Bentley Continental, ordinata appositamente dalla casa madre e con gli interni in pelle Connolly. Un'auto veramente straordinaria. La acquistai nel 2008 e nel 2012, al termine del leasing, non la voleva nessuno: roba da matti!».

La popolarità, i soldi, le auto... Ha mai corso il rischio di sperperare il denaro?

«Sono stato avvicinato parecchie volte da cosiddetti imprenditori che promettevano investimenti e guadagni incredibili. Ma avevo appena girato un film in cui raccontavamo proprio situazioni simili. Nella trama, i fidanzati delle mie figlie finivano in bancarotta e così ho evitato di ripetere quella cosa anche nella realtà. Negli ultimi tempi, piuttosto, osservo con curiosità le azioni della Tesla e la loro possibile resa. Perché, come mi hanno spiegato degli esperti, a volte il problema è che le persone investono in titoli che danno delle garanzie sul rischio ma che alla fine non fruttano niente. Non ci perdi, ma nemmeno ci guadagni».

«Cipollino» si interessa pure di mercati finanziari?

«Sì, ma poi le mie figlie mi redarguiscono. Ma lascia stare, papà. Cosa fai.... Eppure l'unica vera perdita economica subita, ma non voluta, è stata legata al Covid. Per me e per il nostro settore cinematografico è stato deleterio. Io sono tre anni che non faccio un film, perché i produttori non investono più come un tempo, non sapendo se quel denaro poi tornerà. La gente va meno al cinema, oggi ci sono le piattaforme streaming che tuttavia pagano troppo poco per il genere che faccio io. Questa situazione ha messo in difficoltà tutta l'azienda Boldi...».

Nel tempo è cambiato il suo approccio alla gestione del portafoglio?

«No, in sostanza è rimasto sempre lo stesso. Diciamo che invecchiando mi sono però abituato al lusso. Io sono rimasto vedovo vent'anni fa e sono andato avanti da solo. L'uomo, nella vita quotidiana, cresce in tutto. Io ho sempre cercato di non esagerare con le spese, anche se a volte magari un pochino è capitato».

Ha fatto qualche piccola pazzia?

«Le piccole pazzie sono solo i super regali che ogni tanto fai alle amiche, alle fidanzate, diciamo così. Questa è una confessione molto innocente che faccio».

In famiglia chi ha il fiuto per gli affari?

«Le mie figlie sono brave, autonome e diligenti. Ma non mi fanno mai pressioni per fare degli investimenti. Quando c'era mia moglie Marisa, assieme abbiamo fatto e costruito qualcosa di buono. Oggi sono completamente fermo su questo fronte. Però mi piacerebbe investire qualcosa in qualche settore emergente o nelle azioni di Tesla e vedere cosa succede in sei mesi, un anno. Così, solo per curiosità».

Meglio gli yuppies di un tempo, che millantavano ricchezze mirabolanti spesso non reali, o gli influencer strapagati di oggi?

«Il clima degli anni '80 l'ho vissuto ed era migliore: ne sono stato protagonista, non potrei dire il contrario.

Gli influencer di oggi? Non mi so davvero spiegare perché uno debba guadagnare cifre esagerate senza fare assolutamente niente. Questo fenomeno mette anche in difficoltà altri settori, magari già in crisi, aggravando la situazione. Ma il mondo gira così, bisogna accettarlo».

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