"Ciò che è mancato alla destra non è tanto l'elaborazione di idee o di contenuti, ma la realizzazione di una politica culturale e di un'organizzazione della cultura". Francesco Giubilei ha le idee molto chiare su come si sia sviluppato l'intero percorso intellettuale della destra italiana negli ultimi decenni e su quali siano adesso gli obiettivi da porsi nell'imminente futuro se questa parte politica intendesse dare vita a un progetto culturale duraturo. Lo mette nero su bianco nel suo pamphlet intitolato Gli intellettuali di destra e l'organizzazione della cultura (edizione Oligo): un libro dove Giubilei non solo smonta tutti i pregiudizi e i luoghi comuni triti e ritriti insiti nella sinistra riguardo a una fantomatica assenza storica di pensieri e di esponenti di valore provenienti da destra, ma delinea anche una serie di proposte per elaborare una nuova politica culturale liberale.
Innanzitutto - sottolinea Giubilei - esistono tante destre: conservatrice, tradizionalista, sociale, reazionaria, rivoluzionaria e liberale (ma non liberal). Il conservatorismo italiano "ha una matrice latina che ha una storia e una tradizione molto diversa da quella anglofona". Alcuni princìpi alla base di questo pensiero vengono infatti da molto lontano: l'autore, senza temere di compiere forzature, ritiene infatti che già nelle opere di Cicerone si possano riscontrare "elementi ascrivibili a una visione conservatrice della società". Lo stesso vale per Catone il censore. Sul contributo della religione al mondo conservatore vanno poi ricordati l'opera e il pensiero di Alessandro Manzoni, uno dei padri della letteratura italiana ottocentesca. Poi, è attraverso tutto il Novecento che il pensiero della destra si sviluppa: attorno a Filippo Tommaso Marinetti e a figure come Papini, Prezzolini e Soffici con le riviste Lacerba, Leonardo e La Voce: tutti intellettuali e organizzazioni culturali nati ben prima dell'avvento del fascismo, a dispetto di quanti a sinistra vorrebbero invece far coincidere l'origine della destra con il ventennio di Mussolini, dal quale comunque "il conservatorismo si distanzia in modo inconciliabile per idee e valori come la libertà dell'individuo e il ruolo dello Stato nella società".
Nel pantheon culturale della destra non possono poi mancare altri grandi nomi: Giovanni Gentile, Benedetto Croce, Gabriele D'Annunzio, Leo Longanesi, Curzio Malaparte, Vilfredo Pareto. Tra tanti altri, poi, impossbile non citare Luigi Pirandello, Indro Montanelli, Augusto Del Noce, Giovanni Guareschi, Mario Cervi, Armando Plebe, Giovanni Raboni, Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda, Aldo Palazzeschi e Tomasi di Lampedusa. Un lungo elenco (che potrebbe essere ulteriormente consolidato) che dimostra come non sia assolutamente vero che la cultura esista solo a sinistra. Il problema è che, dopo le contestazione studentesche, "ci fu una vera e propria stretta nei confronti di chiunque si definisse di destra, per cui alcuni spazi che potevano sussistere nel dopoguerra, vennero limitati fin quasi a scomparire all'avvio degli anni Settanta". Francesco Giubilei cita il concetto di "cordone sanitario" ideato da Walter Pedullà: "Se sei di destra non meriti di avere voce o, ancora peggio, il solo fatto di non appartenere a una determinata area ti pone fuori dai 'giri che contano'". Ecco quindi concretizzarsi l'"egemonia culturale" teorizzata da Antonio Gramsci nei suoi Quaderni: la sinistra ha occupato l'editoria, la scuola, le università, il mondo dello spettacolo, nonché poi l'amministrazione pubblica.
Oggi, dove ad esempio la stragrande maggioranza degli artisti e degli influencer è sbilanciata verso una preciso mondo culturale, "il mondo culturale della destra rischia di non riuscire a diffondere temi e messaggi in linea con il proprio pensiero". Come dovrebbe quindi comportarsi questa area politica per organizzarsi culturalmente? "Da un lato - suggerisce Giubilei - bisogna portare avanti la realizzazione di eventi, iniziative, manifestazioni nate in seno al proprio mondo di riferimento, dall'altro è necessario cercare di incidere su grandi eventi e istituzioni che si rivolgono a un pubblico generalista". Insomma: uscire dal proprio "steccato" e parlare ad ambienti più ampi, senza piangersi addosso pensando che l'attuale assenza di pluralismo sia "uno status quo ormai dato per assodato e non modificabile".
Nessuna "contro-egemonia" culturale od "occupazione", bensì "un coordinamento tra il mondo della politica e quello della cultura" in modo tale che si possa "promuovere, specie in ambito culturale, persone che vadano a ricoprire ruoli in fondazioni, teatri, musei, enti culturali". La vera sfida della destra sarà proprio questa: la creazione di una politica culturale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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