Nuovi guai per l'ex pm di Palermo Antonio Ingroia. La procura di Viterbo gli ha notificato un avviso di garanzia, con l'accusa di calunnia, per alcune dichiarazioni fatte in aula, da avvocato di parte civile della famiglia, nell'ambito del processo sulla misteriosa morte, il 12 febbraio del 2004, dell'urologo Attilio Manca. Un suicidio per overdose di droga, sostennero le prime indagini. Un omicidio camuffato da suicidio, ha sempre sostenuto la famiglia, per eliminare un testimone scomodo dell'intervento alla prostata a Marsiglia dell'allora latitante Bernardo Provenzano.
È stato lo stesso Ingroia, convocando una conferenza stampa a Palermo, a dare notizia di questa inchiesta per certi versi clamorosa, visto che non è certo consueto che il pm quereli un avvocato difensore per le cose dette in udienza, quindi durante l'esercizio delle sue funzioni. «Ho avuto la conferma - ha detto l'ex pm -che la novità sul caso di Attilio Manca c'è: la Procura di Viterbo ha aperto un'indagine sul caso. Non potendo portare lo stesso Attilio Manca al processo perché deceduto, mi è stata notificata l'informazione di garanzia con l'accusa di calunnia. È una cosa inaudita - ha aggiunto Ingroia - mi riservo di adire le vie legali nei confronti del pubblico ministero. Valuterò se denunciarlo solo al Csm o anche alla procura. Mi recherò a Viterbo l'1 dicembre per rendere interrogatorio».
Per l'ex procuratore aggiunto di Palermo si tratta di un fatto «senza precedenti» di un «corto circuito giuridico» di una «mostruosità giuridica»: «Per la prima volta -ricorda -un avvocato viene accusato per quello che ha dichiarato in un'udienza. L'articolo 598 del codice penale contiene una causa di non punibilità per quanto i pm e i pubblici difensori rendono davanti all'autorità giudiziaria». Attilio Manca venne trovato cadavere in casa, il 12 febbraio del 2004. A ucciderlo un mix di droghe e alcol. Suicidio o incidente, fu la tesi iniziale. Ma la famiglia al suicidio non ha mai creduto. Negli anni, anche attraverso la trasmissione Chi l'ha visto?, è emersa un'altra ipotesi: quella che la morte del giovane urologo, originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), fosse da riconnettersi all'intervento alla prostata fatto in Francia da latitante, nel 2003, da Bernardo Provenzano. Manca, all'epoca, era un pioniere degli interventi in laparoscopia alla prostata. E Provenzano, proprio a Barcellona, trascorse in quel periodo la sua latitanza. L'ipotesi è che il medico sia stato ucciso, simulando un suicidio, per eliminare un testimone scomodo di quel clamoroso intervento. La famiglia negli anni ha chiesto invano la riapertura dell'inchiesta. Quello attualmente in corso a Viterbo è il processo la donna accusata di aver ceduto all'urologo la dose letale di droga.
Ingroia ha ricostruito le vicende legate alle attività in ospedale a Viterbo di Attilio Manca nel luglio 2003, il periodo dell'operazione di Provenzano a Marsiglia: «Dal foglio delle presenze del personale in servizio in ospedale risulta che dal 20 al 23 luglio e dal 25 al 31 luglio di quell'anno Attilio Manca era assente in ospedale a Viterbo, mentre Bernardo Provenzano si sarebbe trovato a Marsiglia per tutto il mese di luglio, non solo nei giorni in cui si trovava ricoverato in ospedale e cioè dal 7 e all'11 luglio. Sicuramente Provenzano è stato sottoposto a visita di controllo a Marsiglia il 26 luglio». Per Ingroia sulla vicenda Manca è in atto «un' operazione di manipolazione di prove, depistaggio, di occultamento della verità. Le cose sono due - dice l'ex pm -.
Chi procede con un'informativa di garanzia per dichiarazioni rese durante l' udienza o è un' analfabeta del diritto o è in malafede». Ingroia ha anche lanciato un appello al procuratore capo facente funzioni di Palermo, Leonardo Agueci, e alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, chiedendo di essere sentito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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