Lezione umanitaria al Prof

Antonio Martino, ministro della Difesa, non è uno di quei dirigenti che animano le cronache parapolitiche con proposte paradossali o con progetti che sembrano pensati apposta per stupire chi ha tanta voglia di essere stupito. È un politico silenzioso, concreto, col vizio del liberalismo, che si dedica ai problemi della nostra difesa con lo stesso impegno con cui ha lavorato da economista. Ebbene, Martino il silenzioso, il ministro che non partecipa alle ponderose discussioni sul grande centro e sui miraggi del ritorno al proporzionale, ha trovato tempo e modo per attaccare frontalmente Romano Prodi. Perché?
È facile spiegarlo. Romano Prodi, che deve ogni giorno misurarsi con l’aggressività e l’arroganza della sinistra che rimpolpa la sua coalizione, ha dichiarato che nel caso in cui il centrosinistra vincesse le elezioni dovrebbe radicalmente mutare la natura dell’intervento italiano in Irak.
Dovrebbe farlo diventare “umanitario”. Perché? Adesso di quale natura è il nostro intervento?
Ecco, è questo il punto da cui ha preso le mosse Antonio Martino. Secondo il nostro ministro della Difesa le truppe italiane in Irak svolgono una funzione umanitaria, contribuendo a creare in quel martoriato Paese le condizioni necessarie e sufficienti per una civile convivenza e per il rispetto democratico dei diritti di ognuno.
E per dare forza alla sua argomentazione il ministro ha formulato una richiesta minima: vada Romano Prodi in Irak, stia qualche giorno a osservare e valutare il comportamento, gli obiettivi e il coinvolgimento, nella quotidiana fatica di vivere degli irakeni, dei soldati italiani.
Quelli che proteggono donne e bambini, pattugliano villaggi e città per contrastare i possibili attacchi di kamikaze; istruiscono tutori dell’ordine, garantiscono assistenza sanitaria, distribuiscono viveri.
Le parole sono pietre, ma ad esaminarle da vicino si scopre che possono anche essere strumento d’inganni. Che cosa vuole dire il professor Romano Prodi quando parla di rendere “umanitaria” la missione delle nostre truppe? Che cosa ne sa di questa missione?
In verità, il leader virtuale – per ora – del centrosinistra subisce le pressioni politiche e ideologiche dell’ala più aggressiva, massimalista e radicale, della sua coalizione. Paga il tributo ai movimenti, al radicato e ultradecennale antiamericanismo, al massimalismo rabbioso dei suoi compagni di viaggio, che lo considerano soltanto un compagno di strada.
C’è qualcuno che in buonafede possa dire che i soldati italiani in Irak siano truppa d’occupazione? Certo, di comunisti disposti a giurare il falso se ne trovano, sono gli eredi di quelli che giustificarono l’intervento delle truppe sovietiche a Budapest e a Praga. Quelli sì che erano interventi in difesa della pace. E, secondo la prospettiva di Mosca, potevano anche considerarsi “umanitari”.
L’occhio del padrone ingrassa il cavallo, l’attenzione di Romano Prodi titilla la sinistra del suo schieramento. Conforta i comunisti dell’Unione, ma anche quei liberal accidiosi che si proclamerebbero pure democratici se non ci fosse l’America, semplificazione degli Stati Uniti, a dare una sua concreta dimostrazione di quella particolare qualità. Democratici, è una parola.
Bagdad, in queste ore difficili, piange i suoi morti.

Soffre, con un’intensità difficilmente comprensibile da occidentali che si credono al sicuro, le conseguenze di un terrorismo il cui solo annunciarsi può provocare centinaia e centinaia di vittime. In questo contesto i soldati italiani svolgono già una funzione altamente umanitaria. Senza bisogno del Professore.

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