Ormai siamo nel mondo della Vita 3.0, come si intitolava un saggio di Max Tegmark del 2018 (Cortina): cinque anni fa, quello che il professore del Mit raccontava sulle potenzialità, i rischi e le applicazioni dell'Intelligenza artificiale suonava ancora un po' fantascientifico; oggi, che ci divertiamo (più o meno...) a scoprire se un articolo, o una traduzione, siano stati fatti da un umano o da un software, dibattere di «armi autonome» o di robot che ci rubano il lavoro è diventato quasi banale. Il fatto è che i progressi della scienza e le nuove tecnologie che ne derivano hanno conseguenze etiche profonde: riguardano, insomma, il nostro essere umani. Susan Schneider, docente di Filosofia della mente all'Università del Connecticut, le affronta in Artificial You (ilSaggiatore), un saggio sul nostro possibile «sé artificiale»; mentre Mark O'Connell ci ha mostrato che cosa significhi Essere una macchina (Adelphi), viaggiando fra transumanisti, cyborg e cacciatori di immortalità. Yuval Noah Harari è diventato uno dei saggisti di maggiore successo degli ultimi anni raccontandoci il passato del Sapiens e il futuro dell'Homo deus (Bompiani). Che tutto ciò riguardi l'uomo a tutti i livelli è chiarissimo leggendo Scusi, ma perché lei è qui? (Terre di mezzo) di Don Andrea Ciucci, coordinatore della sede centrale della Pontificia accademia per la vita, che di questi temi parla proprio con chi si occupa di scienza e tecnologia ai massimi livelli.
Quanto agli studi su neuroscienze e libertà, anche qui gli spunti sono molti: da Mille cervelli in uno di Jeff Hawkins (ilSaggiatore) a Neurobiologia della volontà di Arnaldo Benini (Cortina), fino alle considerazioni di Daniel Dennett, filosofo «duro e puro» secondo cui determinismo e libertà non sono affatto incompatibili (come sostiene, per esempio, in A ognuno quel che si merita).
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