Non ha 23 belve assetate della finale mondiale, come ha raccontato ieri Diego Armando Maradona a Pretoria, ma sotto sotto deve sentirsi ben scortato Marcello Lippi, campione del mondo in carica, pronto al brevissimo tour tra Bruxelles e Ginevra per collaudare la sua Italia in partenza per il Sudafrica. «All’esterno la situazione è completamente diversa rispetto a quattro anni fa ma nel gruppo c’è la stessa partecipazione e la stessa voglia» la sua analisi. Avrebbe voglia di aggiungere un aggettivo, voglia feroce e invece si trattiene perché il suo modo di comunicare non è quello dei grandi annunci e nemmeno delle definizioni roboanti alla Maradona. Ha sempre preferito fare baruffa con i giornalisti per eccitare il suo spogliatoio. Ne ha prese di sberle sul muso quando ha provato ad alzare i toni, alla Mourinho per intendersi. Non ha 23 belve al seguito assetate della finale ma nemmeno 23 teneri agnellini che si possono eliminare facilmente dalla competizione.
La qualità che li ha tenuti insieme e ne ha orientato le scelte è la duttilità, un vecchio pallino di Enzo Bearzot che elesse a simbolo della specie calcistica l’indimenticabile Marco Tardelli. «Le mie scelte sono state fatte tutte in funzione dell’adattabilità a diverse posizioni in campo e dello schieramento tattico che stiamo provando e riprovando in questi giorni» la frase-simbolo di Marcello Lippi. Scontata la rinuncia al quarto portiere Sirigu, Cassani e Borriello erano di troppo e Giuseppe Rossi si è presentato in condizioni fisiche precarie, improbabile una risalita verso picchi onorevoli. Fine dei giochi. Con qualche inevitabile sofferenza: «Non è stato facile raccontare ai 5 che dovranno lasciare il gruppo al termine delle due amichevoli» la confessione del viareggino. Anche i duri hanno un’anima.
È rimasto in bilico Andrea Cossu, il tamburino sardo della spedizione, quale riserva naturale di Camoranesi, fermato da un infortunio al ginocchio sinistro. Sarà, come accadde nel 2006 per Bonera sostituto di Zambrotta fino alla vigilia di Italia-Ghana, il 24° al seguito del gruppo anche in Sudafrica. «Può essere» l’apertura alla decisione del Ct nel frattempo rinfrancato dal bollettino del professor Castellacci, «una settimana di cure e rieducazione, per smaltire l’inconveniente» dello juventino.
Seconda parola d’ordine, dopo duttilità: sacrificio. La spiegazione di Lippi, sull’argomento, è molto semplice: «Oggi la tendenza nel calcio è avere un giocatore davanti e nove che difendono e attaccano indipendentemente dal numero degli attaccanti schierati. L’Italia avrà queste caratteristiche». Per capirsi l’attaccante in servizio permanente effettivo è il centravanti, Gilardino o Pazzini, tutti gli altri, le tre mezze-punte, più i due centrocampisti di guardia alla difesa e le 4 sentinelle di Buffon dovranno dedicarsi al doppio incarico con generosità, senza calcoli: difendere innanzitutto, e poi attaccare. Di qui la necessità di provvedere, a mondiale in corso, a puntuali ricambi per avere forze fresche a disposizione lungo i tornanti del girone di qualificazione e delle fasi successive. Perciò il turn-over deve necessariamente fare rima con duttilità: meglio un calciatore capace di adattarsi a più ruoli che lo specialista del ruolo secco: dentro Quagliarella, allora, piuttosto che Borriello.
Su un aspetto Lippi ha tenuto il punto, con ostinato orgoglio. «Tutti dicevano, e lo sento ancora oggi, che sono molto riconoscente con i campioni di Berlino. E invece ho cambiato la squadra al 50%, non potevo lasciarne a casa 23 solo perché erano in Germania nel 2006. Qui ci sono tanti giocatori giovani e altri abbastanza esperti: possono garantire il futuro oltre che il presente» il suo criterio. Carta d’identità e numeri alla mano i «tedeschi» del 2010 sono appena 9 su 23 e nello schieramento titolare di partenza (Buffon, Zambrotta, Cannavaro, De Rossi, Pirlo, Camoranesi, Gilardino) sono 7 su 11 mentre l’età media supera i 28 anni, inferiore alla stagionata Inghilterra di Fabio Capello.
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