Lobby anti Cav con l’attacco a orologeria

Non so cosa sia il «cerchio sovra­strutturale » evocato da Rinaldo Ar­pisella, né so se «dietro Fini» ci sia qualcuno, e meno che mai se questo qualcuno stesse anche «dietro la D’Addario». Tuttavia, c’è una cosa che merita di essere analizzata: gli attacchi più gravi contro Silvio Berlusconi e la maggioranza, negli ultimi anni, si so­no verificati o quando il premier sta­va riuscendo ad unire il Paese, dopo anni di lacerazioni, oppure quando le sue vittorie sono state così nette da apparire difficilmente rovesciabi­li con «ordinari mezzi politici». Primo esempio: il 25 aprile del 2009. Il governo aveva fronteggiato con successo i primissimi e tragici giorni del soccorso ai terremotati d’Abruzzo, e il premier andò ad On­na, luogo carico di memorie e di sim­bologie, a celebrare un 25 aprile do­loroso e fortissimamente unitario, con l’immagine indimenticabile de­gli anziani partigiani della brigata Maiella che si avvicinarono a Berlu­sconi e gli fecero indossare il fazzo­letto della brigata. Quell’immagine del presidente Berlusconi a Onna, la forza tranquilla di un governo al massimo di fiducia e consenso, ca­pace di unire tutto il Paese, deve ave­re spaventato un network, una rete di forze e di interessi politici, edito­riali, imprenditoriali, forse non solo italiani. Qualcuno può aver pensa­to: «Occhio: questo qui è più forte che mai; c’è il rischio che trionfi alle prossime Europee, incardini davve­ro le riforme istituzionali, e ponga le basi per essere eletto direttamente Presidente della Repubblica, apren­do un altro ciclo politico di 5-10 an­ni ». Da allora a oggi, si è scatenato uno stillicidio di attacchi, un vero e proprio assalto partito nei giorni im­mediatamente successivi al 25 apri­le: rivelazioni «private», campagne gossippare, nuove bolle giudiziarie, attacchi ai fiori all’occhiello del­l’azione di governo ( la Protezione ci­vile, la ricostruzione post-terremo­to, fino ai movimenti opachi attorno ai rifuti di Napoli). Secondo esempio. Un ulteriore «picco» di attacchi contro la maggio­ranza e contro Berlusconi si è regi­strato dopo la vittoria a valanga (in qualche caso perfino in assenza del­la lista del Pdl) alle Regionali del 2010: insomma, bisognava colpire un Berlusconi troppo forte, troppo vincente, ed evitare che la sua forza si consolidasse ulteriormente, tra­ducendosi nella possibilità di lavora­re serenamente per alcuni semestri consecutivi. Nessuno, qui, vuole cedere a spie­gazioni troppo facilmente dietrolo­giche o complottistiche, ma un dato è certo: sin dal 1994, Berlusconi è sta­to ed è ancora un «outsider» rispetto al potere tradizionale italiano della vecchia imprenditoria, della grande editoria, dell’oligarchia e dei salotti di sempre, romani quanto milanesi. E sono in tanti, in questi circoli ri­stretti, lontani dal sentire della gen­te ma ancora forti nel perimetro dei palazzi del potere, a voler archiviare la «parentesi», l’«ostacolo», l’«ecce­zione », l’«anomalia» rappresentata da un Berlusconi che ai loro occhi è e resta un «usurpatore». C’è chi vuole un clima mefitico e una politica più debole, di tutta evi­denza.

C’è da sperare che qualcuno sbagli i suoi conti: e non solo perché tantissimi italiani hanno ancora fi­ducia in Berlusconi, ma anche per­ché hanno fiducia nella democra­zia, nella possibilità di essere loro a scegliere i governi, senza che qual­che manovratore privo di consenso e di legittimazione pensi di sovverti­re i responsi delle urne.
*Portavoce del Pdl

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