È alla ricerca del suo papà, Mandorla. Non lo ha mai conosciuto, ma sospetta che sia in vita. La mamma le aveva detto che fa l'astronauta ed era in viaggio sulla luna. E prima o poi sarebbe sceso a prenderla. Ma mamma se la porta via un brutto incidente stradale e Mandorla resta con il suo dubbio. Tuttavia non è sola. Ad adottarla è un intero stabile, non una famiglia sola. Ed è questa la prima nota di originalità del romanzo di Chiara Gamberale «Le luci nelle case degli altri» (Mondadori, pp. 392, euro 20). Perché Mandorla non vivrà una realtà, ma le mille realtà diverse dei diversi appartamenti nei quali vivono gli inquilini del palazzo che si prendono cura di lei.
Si accendono così per Mandorla le luci nelle case degli altri. Dove vivono gay, coppie sull'orlo di una crisi di nervi, donne sole che parlano con i fantasmi e hanno un balbuziente per amico. Oltre a famiglie tradizionali composte da personaggi singolari quanto diversi, sposati per allegria. O altri che, dietro la facciata perbenista, nascondono le paure di una donna sessuofoba, contenta che il marito se lo coccolino le altre. Mentre lui fa il perfetto padre di famiglia e i figli crescono tra luci (poche) e ombre (molte). Sono le mille facce e i differenti volti di una società che rivive, in uno spaccato, all'interno del portone di via Grotta perfetta 315. A Roma. Con un mistero da scoprire. Cosa accadde nell'ex lavatoio del sesto piano. Dove non vive nessuno, ma dove un giorno Mandorla è stata concepita dalla mamma e da quel famigerato astronauta.
Un quesito che destabilizza la piccola società di via Grotta perfetta. Che perfetta non è affatto. La paura del test del dna contagia e sconcerta mogli e mariti. Tutti sotto esame. Cornuti e cornificatori. Potenziali o reali. E Mandorla resta con il suo piccolo grande dubbio di adolescente che cresce. Lontana dai marchi di fabbrica che caratterizzano i suoi coetanei e che spesso, troppo spesso, la fanno sentire a disagio. Sconfitta da un destino vigliacco. Che le ha tolto la mamma. E le ha negato di sapere chi si nasconde nella tuta dell'astronauta. Il mistero si chiarirà con buona pace del lettore, ma il teorema - ben più profondo - è quello diabolico dell'istituzione famiglia. Che ossessiona chi non ce l'ha. Che ossessiona chi ce l'ha e la vorrebbe diversa. O non la vorrebbe affatto. Che ossessiona chi la vorrebbe, ma scopre che l'omosessualità è un tabu. E quindi non potrà averla. Che ossessiona chi ce l'ha e se ne fa beffe all'insaputa degli altri. Perché «viviamo tutti all'oscuro di qualcosa che ci riguarda» e Mandorla è una piccola rappresentante di ciascuno di noi. Buttata nel tritacarne di una vita che crediamo di conoscere e non sempre sappiamo comprendere.
«Le luci nelle case degli altri» è un romanzo eccellente che è stato considerato a torto un'antologia di luoghi comuni. Ed è vero. Di luoghi comuni ce ne sono. E molti. Ma sono esattamente quelli - tanti o pochi - che costellano le nostre piccole quotidiane esistenze.
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