Sono 21 i film in gara nel concorso della 81a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia che inizia oggi. Troppi? Pochi? Giusti? Iniziamo col dire che lo scorso anno erano 23 e quindi, almeno per i recensori che dovranno vederli tutti, ci sono dalle quattro a sei ore di vita in più. Un po' si scherza ma è bene prepararsi anche mentalmente al fatto che 12 film durano più di due ore con il record dello statunitense The Brutalist di Brady Corbet che arriva a 215 minuti ma che è già in odore di capolavoro, girato in 70mm vede Adrien Brody interpretare un architetto ebreo ungherese sopravvissuto ad Auschwitz che negli Stati Uniti vuole creare un'opera d'arte senza cedere a compromessi mentre l'argentino El Jockey è l'unico che ha «solo» due numeri della sua durata, 97 minuti. Ma non è certo dalle durate che si giudica il concorso del festival più antico del mondo e più prestigioso insieme a quello di Cannes.
Alberto Barbera, il direttore più longevo della storia della Mostra, con la sua collaudata squadra di selezione, è riuscito a mettere in piedi un concorso che tiene insieme, come avrebbe detto Arbasino, «venerati maestri», come Pedro Almodóvar, Gianni Amelio, Wang Bing con l'unico documentario, Pablo Larraín e Luca Guadagnino, insieme a «giovani promesse» come i trentaduenni gemelli francesi Boukherma, gli unici dei quattro autori under 40 del concorso (non c'è alcuna opera prima). Rimarrebbero i «soliti stro...» ma non ci permetteremmo mai.
Così, in una selezione molto occidentalizzata (nessun africano, due asiatici, tre sudamericani tra cui I'm Still Here che segna il ritorno dopo 12 anni del grande regista brasiliano Walter Salles sulla dittatura militare del suo paese negli anni 70), è il Vecchio Continente a farla da padrone. Per dire, cinque film battono bandiera tricolore, tre quella francese, una spagnola, una norvegese e due, Brexit permettendo, del Regno Unito. Ma non è neanche dalla nazionalità che si giudica un concorso. Navighiamo sulla carta e, a vista, ma certo alcuni nomi e alcune tematiche una certa curiosità l'attirano. E il sesso, anche questo è risaputo, stimola sempre un po' d'interesse pruriginoso. Curiosamente sono proprio due film diretti da italiani a rientrare in questa categoria dopo anni di cinema normalizzato e privo di qualsiasi effervescenza erotica. Quello che promette molto è sicuramente Queer di Luca Guadagnino, tratto dall'omonimo libro di William S. Burroughs, che, probabilmente, stupirà per le scene di sesso definite dal regista «numerose e abbastanza scandalose». La versione che vedremo a Venezia durerà meno della prima vista da Barbera di ben 3 ore e 20. Ora la durata è di due ore e 15 con la riduzione di una lunghissima, e pare bellissima sequenza in cui il protagonista, l'ex 007 Daniel Craig, vagabonda per i bar messicani negli anni Quaranta, parlando e scambiandosi esperienze con gli avventori gay alla ricerca di una persona di cui innamorarsi. Ma nel filone sexy di Venezia 81 c'è anche Babygirl della regista olandese Halina Reijn ma targato A24, la casa di produzione statunitense più «cool» del momento, in cui Nicole Kidman è una autoritaria amministratrice delegata di un'azienda che si ritrova in una torbida relazione con il suo giovane e carismatico stagista (Harris Dickinson), rischiando carriera e famiglia anche per una certa vena sadomasochistica. Di un altro tipo di sessualità parla invece Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt che ruota attorno alla famosa prima agenzia pornografica italiana fondata da Riccardo Schicchi interpretato da Pietro Castellitto. Un'immersione nel fantastico mondo del porno italiano, a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, in cui inizia a essere sdoganato e finisce anche in Parlamento con Cicciolina, la diva di punta della cosiddetta «scuderia» di Schicchi con colleghe come Moana Pozzi, Eva Hunger e Milly D'Abbraccio.
Completano la pattuglia italiana la coppia di registi siciliani, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che con Iddu, in uscita il 10 ottobre, si immaginano che i servizi segreti, a cavallo del nuovo millennio, chiedano aiuto a un politico in disgrazia, interpretato da Toni Servillo, per catturare l'ultimo grande latitante di mafia, il suo figlioccio Matteo (Elio Germano) ovviamente ispirato a Matteo Messina Denaro. C'è poi Campo di battaglia di Gianni Amelio, che esce subito in sala il 5 settembre, su due ufficiali medici sul finire della Prima guerra mondiale interpretati da Alessandro Borghi e Gabriel Montesi mentre Vermiglio di Maura Delpero con Tommaso Ragno racconta di una numerosa famiglia contadina nell'omonimo comune trentino alla fine della Seconda guerra mondiale.
Ma la Mostra di Venezia dell'epoca Barbera da anni insegue il cinema statunitense che poi viene premiato anche agli Oscar. In questa scia s'inserisce sicuramente il grande ritorno del regista Todd Phillips che, dopo lo straordinario e inatteso successo del suo Joker (Leone d'oro nel 2019), torna in pista con il sequel, Joker: Folie à deux in cui ritroviamo Joaquin Phoenix nei panni di Joker che, nei corridoi del manicomio di Arkham, incontra un'altra detenuta, Harleen Quinzel (Lady Gaga). I due si innamorano follemente e pianificano di liberarsi dalle loro camicie di forza... Il sequel di Joker è sicuramente tra i film più attesi della Mostra e non solo per il red carpet stellare ma ci si aspetta molto anche da Maria di Pablo Larraín che, dopo i suoi primi folgoranti film in Cile, ha iniziato una carrellata di ritratti di grandi personaggi (Neruda, Jackie, la principessa Diana, Pinochet) che ora si chiude, forse, con Maria Callas, interpretata da Angelina Jolie, e con un cast che vede anche i nostri Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher nei panni dei due collaboratori che rimasero accanto alla Diva nell'ultimo soggiorno parigino con il sogno impossibile di ritornare sulle scene. Tra i produttori figura il nostro Lorenzo Mieli che ha messo più di uno zampino anche in Queer di Guadagnino.
Non è americano Pedro Almodóvar ma The Room Next
Door è il suo primo lungometraggio girato tutto in inglese nel New England con Tilda Swinton e Julianne Moore amiche e molto confidenti. E, con due star così, anche il regista spagnolo può sognare una statuetta ad Hollywood.
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