Chi gode per la giustizia a orologeria

L'indagine di Bari che ha tirato in ballo il Comune e la giunta regionale pugliese, poi quella sul porto di Genova che ha coinvolto il Governatore ligure, Giovanni Toti

Chi gode per la giustizia a orologeria
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L'indagine di Bari che ha tirato in ballo il Comune e la giunta regionale pugliese, poi quella sul porto di Genova che ha coinvolto il Governatore ligure, Giovanni Toti. E ancora le accuse fuori dal mondo a Marcello Dell'Utri per le stragi di mafia del '94 e per i soldi ricevuti da Silvio Berlusconi. E di nuovo il generale Mori, trasformato in una sorta di imputato a vita, messo in mezzo per la quarta volta sulle vicende di Cosa Nostra. Parlando di Sicilia non poteva mancare l'ex presidente dell'assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, indagato per truffa e peculato e messo al muro per l'espressione «me lo possono suc» contenuta in un'intercettazione. E visto che a mettere un po' di pepe sugli eventi sportivi non si sbaglia mai, è venuto fuori pure uno scandalo che getta un'ombra della corruzione sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina.

Uno, due, tre e quattro e via dicendo. In tempo di elezioni le indagini, le intercettazioni e gli arresti, al netto dell'esito che poi produrranno nei tribunali, non finiscono mai. Sarà una coincidenza, magari per stare appresso agli antichi greci ci sarà pure la manina del Fato, ma ogni volta che si avvicina una scadenza elettorale di un certo rilievo le iniziative giudiziarie si moltiplicano. Qualcuno dirà - fa parte del copione - che è un'impressione determinata dall'andazzo che in Italia si vota sempre ma basta un pizzico di buonsenso per capire che non regge. Basterebbe guardare gli annali da quaranta anni a questa parte per scoprire che le statistiche confortano la tesi che le campagne elettorali danno un impulso al protagonismo dei Pm: si tratta di una constatazione che sui numeri ha la sua base scientifica. Sarà un costume che è invalso in questi decenni tempestosi, o un riflesso comportamentale ma alla vigilia di un voto importante le Procure fanno di tutto per finire sotto i riflettori complice magari il fatto che l'impatto mediatico in periodi del genere irrimediabilmente si amplifica. Ma chi si avvantaggia nell'urna di uno scenario in cui l'Italia appare come un Paese di ladri, corrotti e mafiosi? Naturalmente quelli che su questi temi hanno addirittura fondato un movimento politico, che ne hanno fatto la loro ragion d'essere e che hanno individuato nel giustizialismo il loro credo. Per chiamarli per nome: i grillini. Cioè il soggetto politico più contiguo a quel pezzo di magistratura che in questi anni ha fatto spesso politica «in toga» e che, diciamoci la verità, al di là di auspicare la galera per gli altri hanno ben poco da dire. In fondo Giuseppe Conte non vedeva l'ora qualche mese fa di pronunciare con tono solenne la fatidica frase: «siamo alla vigilia di una nuova Tangentopoli». E così è stato.

Solo che a lungo andare anche i grillini si sono consumati: nessuno è considerato puro dopo essere stato per diversi anni al governo, è fatale. Se hai occupato

la stanza dei bottoni, oltretutto senza combinare granché se non guai, un certo tipo di retorica si spegne. E, quindi, l'ennesima valanga di inchieste in tempo elettorale finisce per alimentare solo il fenomeno dell'astensione. Ma quello che conta, al di là di chi è favorito o meno da queste cose o di chi deciderà se votare o no, è l'immagine che si offre all'opinione pubblica nostrana e a quella internazionale del Paese. Chi legge le pagine politiche e di cronaca dei giornali di queste settimane può davvero essere indotto a pensare che l'Italia non sia più in Europa ma sia precipitata in una di quelle regioni del mondo avvelenate dalla corruzione, dalla mafia. Dove la politica per antonomasia è sporca. La Colombia di qualche anno fa o il Messico di oggi. Ce lo meritiamo? No, credo che dare questa impressione al mondo sia puro masochismo.

Sono convinto che fare della giustizia un terreno di lotta politica, far passare l'idea che in Italia siano tutti colpevoli sia innanzitutto un delitto verso il Paese sul quale pesa, come su tutti noi, anche un indice reputazionale.

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