Azzarda un paragone impegnativo: «Sto leggendo il libro di Blair sulla leadership - e Giovanni Toti sorride autoironico - giusto per citare qualcuno a portata di mano. Ecco abbiamo perso l'idea della leadership, la politica si è screditata. Anzi, si è autoscreditata».
«Io - è il controcanto di Alessandro Sallusti - ricordo bene quando sul telefonino il 7 maggio scorso ho letto la notizia dell'arresto di Toti. Non ho dubitato nemmeno un attimo, nemmeno un secondo, sapevo che non avevo bisogno di andare a leggere nelle carte l'innocenza di Giovanni che conosco da molti anni, da quando faceva il giornalista e non era ancora un politico».
È un pomeriggio umido e piovigginoso, ma dalla terrazza Colombo, al trentesimo piano del grattacielo più alto della città, Genova offre tutta la sua magia. Genova, crocevia di sogni, come ripete l'ormai ex governatore che si definisce «un politico sfrattato», ora editorialista del Giornale. Di quel mondo oggi in frantumi, resta questo libro: Confesso: ho governato, con la prefazione del direttore del Giornale, arrivato fin qui per la presentazione.
Martina Maltagliati, volto Mediaset, introduce la serata, movimentata dal sequestro di alcune somme al suo comitato, 175mila euro, già stabilite nel patteggiamento.
«Potevano farlo ieri, domani o fra dieci giorni - sottolinea Sallusti - hanno scelto stasera», in contemporanea con la manifestazione che si svolge nella sede della storica emittente Primocanale. «Mi torna in mente - aggiunge il direttore del Giornale - quando la procura di Milano colpì Berlusconi con l'avviso di garanzia. Quel provvedimento giudiziario fu consegnato al presidente del Consiglio, il primo premier inquisito nella storia italiana, nel corso di un summit mondiale a Napoli». Sotto i riflettori internazionali.
«Io - prosegue il direttore del Giornale - all'epoca ero proprio al Corriere in una posizione apicale e fui fra i coautori di quello scoop. La verità è che la sinistra si voleva vendicare della sconfitta elettorale. E la magistratura scelse quel momento preciso. Anche per quella vicenda poi me ne andai da via Solferino. Sono passati trent'anni ma certi meccanismi non cambiano».
In ogni caso, il testo non è anzitutto un atto d'accusa contro la magistratura. «No, il problema - riprende Toti - è la politica, se il tuo avversario va in gol a ripetizione, allora ti devi chiedere perché hai lasciato sguarnita la porta e perché hai un portiere che non è capace». La politica si è fatta del male da sola e Toti la mette sotto processo: «La sinistra che ha sfilato qui a Genova per chiedere le mie dimissioni non si rende conto che la prossima volta toccherà a lei. E anche a destra c'è stata una sottovalutazione gigantesca. Non dal punto di vista umano, ma come riflessione generale».
Insomma, si spera che «Confesso: ho governato», lasci un segno in un contesto di assuefazione e fatalismo, dove le spiate e le aggressioni mediatiche, i veleni che si alimentano fra procure, palazzi e redazioni, continuano ad essere iniettati. E gli Striano e gli impiegati di Bitonto sono protagonisti di episodi sconcertanti, ancora da decifrare.
«Questo è un libro importante - insiste Sallusti - perché è ambientato in Liguria ma vale per tutta Italia. Solo che non so se la politica saprà prenderlo sul serio o lo lascerà cadere nel dimenticatoio, come è capitato ad altri testi che avrebbero meritato ben altra attenzione». E il direttore del Giornale elogia Il governo dei giudici di Sabino Cassese.
Siamo ai titoli di coda.
«Il patteggiamento non è un'ammissione di colpa», scandisce Toti, applaudito fra gli altri da Edoardo Rixi, Ilaria Cavo, Giacomo Giampedrone, l'infettivologo Matteo Bassetti. Il politico resta in modalità aereo, «insomma - chiude Sallusti - non finirà qua».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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