Tripoli - All’alba di stamani i caccia libici sono tornati a bombardare i manifestanti riuniti a Tripoli (GUARDA LA DIRETTA). I primi raid aerei contro la folla, che chiede le dimissioni di Gheddafi, risalgono a ieri pomeriggio. Il figlio del colonnello, Saif Al Islam, nega tutto e dice che l’aviazione militare è intervenuta solo per "bombardare depositi di armi lontani dalle aeree popolate". Intanto si registrano le prime crepe tra i sostenitori di Gheddafi: diversi militari e politici sono passati dalla parte dei manifestanti in seguito all’eccessivo uso della forza. Ma il colonnello si mostra in tv e, in un breve filmato smentisce di essere fuggito dal Paese. Una scena che evoca quella di Saddam Hussein, che nel 2003, quando Bagdad stava per capitolare, si mostrava nei luoghi e nelle pose più improbabili. E quele scene, surreali, venivano tramesse in tv nel tentativo estremo di provare a rassicurare il popolo iracheno, stremato dalla guerra. L’esercito egiziano ha rafforzato la sua presenza alla frontiera con la Libia per garantire in particolare il passaggio dei cittadini egiziani in fuga dal Paese.
Nave da guerra in fuga Una nave da guerra libica, con 200 marinai a bordo, incrocia al largo della Valletta, sotto la sorveglianza di unità militari maltesi. Lo rendono noto fonti militari locali. I libici hanno comunicato via radio di aver ammainato la bandiera libica, ma non hanno chiesto asilo politico, secondo le fonti. Il governo maltese sta tenendo una riunione d’emergenza.
Mille morti Sono oltre mille i morti a Tripoli durante i bombardamenti sulla folla di manifestanti scesi in piazza per protestare contro il regime di Gheddafi. A riferirlo è il presidente della comunità del mondo arabo in Italia, Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia. "Manca l’energia elettrica e i medicinali negli ospedali", ha riferito ancora Aodi, che ha rivolto un appello al governo italiano affinchè si mobiliti "per un aiuto economico e con l’invio di medicinali in Libia. Il governo non rimanga in coma, sordo e cieco, alla rivoluzione che è in atto in queste ore".
"Blocchiamo i gasdotti" I manifestanti della città libica di Nalut, nella zona dei monti occidentali della Libia, a pochi chilometri dalla Tunisia, minacciano di fermare l’afflusso di gas verso l’Italia chiudendo il gasdotto che passa proprio per la loro provincia. In un messaggio pubblicato sul sito Internet del gruppo di opposizione "17 febbraio", si legge che rivolgendosi "all’Unione Europea, e in particolare all’Italia, la gente di Nalut ribadisce di far parte di un popolo libico libero e, dopo il vostro silenzio riguardo le stragi compiute da Gheddafi, ha deciso che interromperà dalla fonte l’afflusso di gas libico verso i vostri paesi, chiudendo il giacimento di al-Wafa che attraverso la nostra zona porta il gas verso l’Italia e il nord Europa, passando per il Mediterraneo". I manifestanti di Nalut sostengono di aver preso questa decisione "perché voi non avete fermato lo spargimento di sangue della nostra gente e del nostro caro paese avvenuto in tutte le città libiche. Per noi il sangue libico è più prezioso del petrolio o del gas". Il messaggio è firmato "la gente delle zone occidentali dalla regione di Nalut".
L'Eni chiude Greenstream L'Eni chiude il gasdotto che collega l’Italia alla Libia, il GreenStream, attraverso cui arrivano circa 9,2 miliardi di metricubi di gas. Lo si apprende da fonti vicine al dossier. La procedura si è resa necessaria per mettere in sicurezza la condotta lunga circa 520 chilometri che collega Mellitah, sulla costa libica, con Gela, in Sicilia, attraversando il Mar Mediterraneo dove raggiunge una profondità massima di 1.127 metri.
Distrutta pista aerea di Bengasi La pista dell’aeroporto di Bengasi è stata distrutta e gli aerei non possono atterrare. Lo ha detto il ministro degli Esteri egiziano, citato dalla tv araba al Jazeera. Oggi a Bengasi era atteso un C-130 dell’aeronautica militare italiana per rimpatriare i primi 100 italiani dalla città libica. L’annuncio era stato dato in mattinata dal il ministro della difesa, Ignazio La Russa.
I rimpatri di italiani e francesi È in programma per le 13, dall’aeroporto di Fiumicino, la partenza di un primo volo speciale Alitalia, concordato con la Farnesina per il rimpatrio di connazionali dalla Libia. Il volo speciale, un Boeing 777 da 291 posti affiancherà i voli di linea per consentire in tempi rapidi il rientro degli italiani che hanno intenzione di lasciare Tripoli a causa della guerra civile in corso. Alitalia finora ha messo a disposizione anche un altro volo speciale da 100 posti, su richiesta dell’Eni. Per il momento, non sono ancora noti invece gli orari e gli scali di partenza e di arrivo del C130 dell’aeronautica militare che dovrà rimpatriare altri 100 connazionali rimasti bloccati in Libia. E il governo francese ha deciso l’invio di tre aerei militari a Tripoli per il rimpatrio di tutti quei cittadini francesi la cui presenza in Libia "non sia indispensabile": lo ha reso noto il ministero degli Esteri di Parigi.
L'Onu all'Italia: "Accogliete i rifugiati" L’alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha lanciato un appello all’Europa e ai Paesi del Nord Africa vicini alla Libia a non respingere le persone in fuga dagli scontri. L’Italia è tra i Paesi "che potrebbero ricevere un maggior flusso di persone in fuga dalla Libia" sia cittadini libici sia rifugiati da altri Paesi, ha detto Melissa Fleming, portavoce dell’Alto Commissario per i rifugiati. "Noi chiediamo: per favore, non li respingete. Questo è il momento di mostrare il vostro spirito umanitario e la vostra generosità nei confronti delle persone che stanno attraversando un grave trauma" ha detto la portavoce a Ginevra, spiegando che "questa è la principale rotta per i migranti e per le persone che scappano dalle guerre e dalle violenze in Africa. A molti di loro è stato impedito di raggiungere l’Europa e sono stati catturati in Libia". In Libia ci sono circa 8mila rifugiati registrati dall’Unhcr e altri 3mila con richieste di asilo ancora pendenti da Sudan, Iraq, Eritrea, Somalia, Ciad e Territori palestinesi.
No di Bossi Gli immigrati in fuga dal Nord Africa "intanto non sono arrivati e speriamo che non arrivino. Se arrivano li mandiamo in Francia e Germania...". Umberto Bossi risponde così ai cronisti a Montecitorio che gli chiedono se la Lega Nord "è preoccupata per l’arrivo di immigrati in fuga dal Nord Africa". Quanto alla Libia "aspettiamo ordini dall’Unione Europea" è la risposta del leader del Carroccio.
Si dimette ambasciatore libico a Washington L’ambasciatore libico negli Usa, Ali Aujali, si è dimesso dal suo incarico in segno di protesta nei confronti della repressione dei manifestanti pro-democrazia in Libia. "Mi dimetto dal servire l’attuale regime dittatoriale, ma non mi dimetterò mai dal servire il nostro popolo finché la sua voce non raggiungerà il mondo intero, finché i suoi obiettivi non saranno raggiunti", ha affermato Aujali in un’intervista all’emittente Abc. L’ambasciatore ha quindi lanciato un appello al colonnello Muammar Gheddafi affinché faccia un passo indietro. "Gli chiedo di andarsene e di lasciare solo il nostro popolo", ha aggiunto il diplomatico.
Gheddafi riappare in tv Stanotte il colonnello ha fatto un'apparizione lampo, in tv, per far sapere di non essere fuggito. Ecco la frase che ha usato rivolgendosi ai suoi concittadini: "Vado ad incontrare i giovani nella piazza Verde. E' giusto che vada per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela: non credete a quelle televisioni che dipendono da cani randagi".
Solo pochi secondi in tv La tv di stato aveva annunciato che il colonnello si sarebbe rivolto in nottata al suo popolo. Ma chi si aspettava uno dei suoi discorsi fiume è stato deluso. A conferma della sua fama di uomo sempre e comunque imprevedibile, Gheddafi si è concesso alle telecamere solo per pochi secondi. E' stato inquadrato con un mantello, uno stravagante copricapo nero e sotto un ombrello (a Tripoli in effetti pioveva) mentre stava per salire su un fuoristrada nella sua residenza di Bab Al Azizia, a Tripoli. Con una scritta in sovrimpressione, la tv libica ha spiegato che "in un incontro in diretta con la rete tv satellitare Al Jamahiriya, il fratello leader della rivoluzione ha smentito le insinuazioni dei network malevoli". Suo figlio Seif al Islam l'altra notte aveva invece parlato in diretta per 45 minuti, promettendo riforme, denunciando un complotto internazionale contro la Libia e ammonendo che il regime intende resistere "fino all'ultimo uomo e all'ultima donna".
Nuovo discorso Il leader libico parlerà nuovamente alla nazione dalla sua casa di Bab al-Azizia, a Tripoli.
Secondo quanto sostiene la tv di stato libica, il colonnello leggerà a breve il suo messaggio alla nazione davanti alla casa che è stata bombardata nel 1986 in un raid aereo americano. Gheddafi annuncerà nel suo discorso tv riforme di grande respiro, fra le quali la creazione di amministrazioni locali, con bilanci indipendenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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