Pierangelo Maurizio
Fermate tutto, tonnellate di saggi sul decremento delle nascite sono da buttare. LOccidente rischia di scomparire causa culle vuote? Niente paura. Lo salveranno quattro regioni italiane, sempre le stesse: Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Dove oltre ad esserci il record dei lavoratori agricoli «disoccupati» con relativo sussidio erogato dall'Inps, le lavoratrici dei campi a tempo determinato (per avere diritto alle prestazioni della Previdenza basta un minimo di 51 giorni di lavoro lanno, di 5 nelle zone colpite da calamità) restano invariabilmente incinte.
Sarà per laria buona, sarà per il contatto con la natura che risveglia i sensi, ma qui tra i campi cè stato un vero e proprio «boom» di procreazioni, in controtendenza planetaria. In Calabria le «maternità» pagate dallInps erano 2.678 nel 1999, 3.192 nel 2000, 3.702 nel 2001, 3.845 nel 2002. Idem in Campania: 2.846 «gravidanze» nel 99, 3.391 nel 2001 e 3.663 nel 2002. Ma sono le lavoratrici agricole di Puglia a detenere il primato assoluto della fertilità: 4.672 «gravidanze» nel 99; 4.900 nel 2000; 5.734 nel 2001 e 6.231 nel 2002. Più contenute le siciliane: dai 1.598 pancioni sbocciati nel 99 ai 1.811 di tre anni dopo.
Gli ultimi dati ufficiali sono quelli che si riferiscono per l'appunto al periodo 99-2002. Ma all'Istituto di previdenza, scuotendo la testa, dicono che, nonostante i controlli un po più stretti, la situazione non è cambiata di molto. Peccato che questo sventolio di fiocchi rosa e azzurri non trovi riscontro nella realtà.
I dati dell'Inps vengono inequivocabilmente smentiti dallIstat. Non solo in Italia il tasso di natalità è zero, o sottozero. «La lieve controtendenza a fare più figli semmai si registra negli ultimi anni al Nord» dicono allistituto di statistica con i bollettini alla mano, e confermano: «Al Sud invece continua a diminuire il numero delle nascite».
Che cosa è successo dunque? Una spiegazione cè. Le gravidanze sono vere. Solo che la maggior parte di queste mamme non ha mai piegato la schiena a raccogliere pomodori o a tirar giù olive. «La Previdenza in queste quattro regioni esercita la massima vigilanza» si legge in una relazione ufficiale dellInps dal sapore di fine Ottocento: «Ma, pur in presenza del tasso di natalità quasi a zero, il fenomeno della maternità al Sud è patologico: si tratta di un mezzo di sostegno al reddito familiare».
Da queste parti ad esempio le giovani spose previdenti fanno così. Per il primo anno di matrimonio dichiarano il minimo - 51 «giornate lavorate» - e nel secondo anno 101 giornate che danno diritto alla «prestazione di maternità» piena: circa 5 mila euro.
Nelle quattro regioni in questione si concentra il 70% delle «prestazioni di maternità». Qualche raffronto può essere utile: in Val d'Aosta nel 2002 ne sono state erogate 6, in Friuli 69 e in Veneto, che pure non ha nulla da invidiare alla Puglia in fatto di tradizione bracciantile, 282. Detengono - sempre Campania, Calabria, Puglia e Sicilia - anche il 73% delle «disoccupazioni» e l'86% delle «indennità di malattia» in agricoltura pagate dall'Inps.
Dati che fanno discutere, per usare un eufemismo. Soprattutto ora che il governo Prodi si appresta a «donare» buona parte dei 6 miliardi in euro di contributi previdenziali non pagati dalle aziende agricole e dai lavoratori autonomi (coltivatori diretti, mezzadri, eccetera), di cui due terzi riguardano proprio queste quattro regioni. Le banche si sono «offerte» di acquistare i crediti dall'Inps cui, sui 1.800 milioni di euro che prevedono di recuperare, ne verseranno 545. Vittorio Crecco, il direttore generale dellInps, difende il piano: «Perché la cosa vada in porto abbiamo posto tre condizioni precise: il vantaggio finanziario chiaro e certo per l'Istituto; che ci sia la relazione dell'advisor individuato nella Kpmg, e l'assenso dei ministeri vigilanti».
Ma anche la Cgil, pur favorevole ufficialmente storce il naso.
pierangelo.maurizio@alice.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.