Marangoni, nel 2007 due accordi in Cina

Le joint venture, limitate al mercato asiatico, riguarderanno la fabbricazione di gomme per furgoni e camion

da Rovereto

Piccole aziende crescono. Poi internazionalizzano e poi ancora debuttano sui mercati emergenti. Per Mario Marangoni, trentino doc schietto e schivo, fondatore e presidente in carica nonché anima instancabile dell’omonimo gruppo presente ormai da mezzo secolo nell’industria degli pneumatici, la Cina è la nuova tappa di un solido cammino di sviluppo.
«Due joint venture - conferma l’imprenditore - che con altrettanti produttori locali diventeranno operative entro l’estate: la prima per fabbricare gomme per veicoli da trasporto leggero e la seconda per pneumatici da camion con ricostruzione ad anello; tutti prodotti destinati al mercato asiatico». È la parabola evolutiva di una vicenda imprenditoriale nata e cresciuta con i toni vividi del bianco e nero, che racconta di un self-made-man a cui sta stretta l’officina di famiglia: ambizioso e determinato, vuole lasciare la sua impronta personale, che sceglie di affidare a quella degli pneumatici ricostruiti creando un’azienda meccanica che produce attrezzature per fabbricarli. È il 1966 quando, in pieno boom economico, trasforma l’impresa di Rovereto, ribattezzata Marangoni Pneumatici, per proseguire su scala industriale l’attività di ricostruzione di copertoni di ogni genere, potendo contare su unità produttive minori a Feltre, Bologna, Cremona e Milano, accanto a una catena di punti vendita a insegna PneusMarket, oggi forte di oltre 50 negozi. Nel decennio che segue è la volta dello sviluppo commerciale in Europa, Usa e Giappone, alimentato dai battistrada prestampati prodotti nei due nuovi siti di Frosinone. Poi, tra gli anni ’80 e ’90, Marangoni amplia le basi della crescita, che incrocia anche la Borsa (l’avventura termina nel 2001), col ricorso a ripetute acquisizioni iniziate con l’impianto Ceat di Anagni. Quindi il gruppo mette a punto tecnologie e strutture per la termovalorizzazione di pneumatici sfruttando la cogenerazione di energia elettrica e vapore, e si prepara a esordire nel segmento delle gomme nuove ad alte prestazioni per auto. Con l’arrivo del Duemila Marangoni rilancia sul mercato della ricostruzione di copertoni per veicoli commerciali negli Usa e in Brasile, dove apre due stabilimenti, e avvia progetti di integrazione produttiva nell’Est Europa.
Sono le premesse all’annunciato sbarco in Cina di una realtà industriale che oggi impiega 1.800 persone ed è tra le poche a far proprio l’intero ciclo di vita degli pneumatici. «Oggi - afferma Marangoni - stiamo collaudando un’innovativa isola automatizzata che rende più flessibile e meno costoso il processo produttivo: è la fabbrica che lavora “a luci spente” e su piccoli lotti, che potremo anche mettere a disposizione dei concorrenti». Stretti nella morsa di un mercato stagnante (i battistrada prestampati per autocarro sono il solo segmento davvero dinamico) e dei costi già cresciuti in verticale con l’aumento del prezzo del petrolio, da cui deriva un terzo delle materie prime, che ora incidono per il 40% degli oneri di produzione.

«Schizzando a 100 dollari porterebbe a esplodere il mercato della ricostruzione». Non dice di augurarselo, ma in cuor suo è così. Per adesso si accontenta: il fatturato 2006 del gruppo Marangoni dovrebbe aggiungere ai 310 milioni dello scorso anno un incremento prossimo al 10 per cento.

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