La metropoli di domani pronta a spegnere l'urlo dei motori

L'architetto del progetto arabo Neom: "Le città del '900 disegnate per le auto"

La metropoli di domani pronta a spegnere l'urlo dei motori

Volgere lo sguardo al passato per immaginarsi il futuro. È così che l'architetto Marco Casamonti, fondatore dello studio Archea Associati che conta sedi sia in Europa, che in America e Asia vede Milano tra vent'anni.

Progettare in grande è la cifra che contraddistingue il suo stile, i suoi lavori sono vere e proprie icone del bello, come la cantina Antinori, e il museo della ceramica a Liling in Cina che lo hanno reso famoso in tutto il mondo, il Viola Park della Fiorentina, la Alban Tower e lo stadio Nazionale a Tirana, e ancora i progetti del museo di Arte Contemporanea di Tbilisi in Georgia e del Centro Congressi di Almaty in Kazakistan, fino alla partecipazione al futuristico progetto «The Line», la città lineare che sorgerà a Neom, in Arabia Saudita, concetto di città senza strade e senza macchine.

Una città senza macchine sarebbe il sogno di molti milanesi, ma sarebbe possibile?

«Bisogna iniziare a ripensare alle città con una prospettiva nuova. Negli ultimi cent'anni le abbiamo immaginate a partire dalle auto».

E invece?

«Occorre ripensare questa meraviglia del vivere chiamata città a partire da chi lo aveva fatto prima di noi: Leonardo da Vinci. Già cinquecento anni fa Leonardo la rappresentava in sezione e non in pianta. Su livelli differenti. È questa la strategia migliore per la città di domani, confortevole, efficiente e sostenibile».

Da cosa dobbiamo partire?

«Dalle automobili. Occorre assolutamente liberare i centri dalla tirannia delle auto, che sono inquinanti e inefficienti. L'auto ha un impatto enorme sul consumo del suolo, ognuna occupa dieci metri quadrati di suolo pubblico, considerando che in una città di medie dimensioni ne entrano ogni giorno centinaia di migliaia è presto fatto il conto dell'ingombro».

Qual è la risorsa più importante per una città?

«Il suolo, il terreno. Lo spazio deve essere valorizzato e l'uomo e l'abitare devono tornare al centro. Occuparne così tanto con delle automobili non ha più senso. È un concetto vecchio che va superato, un limite che va oltrepassato. Il secolo scorso è stato il secolo della velocità, l'automobile ci ha cambiato la vita, ha accorciato le distanze regalando all'uomo un senso di potenza mai provato prima, è stata strumento di libertà, di avventura, e l'abbiamo resa protagonista assoluta da cui siamo partiti per progettare le città».

Siamo dunque arrivati a un cambio epocale?

«Il tema è proprio questo: ripensare la città a a partire dalla mobilità è possibile iniziando da una riflessione netta e definitiva sull'automobile. Non è un caso che negli anni '30, gli anni in cui la macchina era simbolo di futuro, Le Corbusier aveva messo le macchine sui tetti delle case. Il suo grande progetto urbanistico ad Algeri aveva la macchina al centro della nuova città. Nel dopoguerra l'automobile era sinonimo di libertà e quindi felicità. La villeggiatura, ad esempio che insieme alle prime automobili apriva all'idea di un vivere nuovo. Oggi occorre fermarsi e riflettere, liberarci da un ingombro che non possiamo più permetterci. Ragionare immaginando il futuro. Quel simbolo di libertà nel tempo si è trasformato in oppressione, reclusione. Siamo finiti imbottigliati in un abitacolo di due metri per tre, agli arresti domiciliari, in coda e nel traffico sprecando quel tempo libero che non è mai abbastanza».

Dopo il covid la città sta tornando protagonista?

«Assolutamente. C è stato un momento in cui il centro aveva perso il suo focus, le aziende e i dipendenti in Smart working lasciavano le zone centrali lasciando un senso di vuoto e di spaesamento. Ma negli ultimi mesi il trand si è invertito. In Italia non abbiamo la mentalità per lo Smart working, le abitazioni sono piccole e la gente ha bisogno dell'ufficio per lavorare. E il centro e' tornato nel suo abito di sempre, continua ad essere il polo che attira, richiama, aggrega. Il compito degli urbanisti e' aprire, alleggerire, lasciare sempre più spazi vivibili alle persone. Se Milano adesso può sfruttare la bellezza dei Navigli lo deve ancora una volta a Leonardo che li rese navigabili».

Quali sono gli esempi virtuosi a cui guardare?

«A Parigi ad esempio le metropolitane e i treni sono efficientissimi. Le linee che collegano i sobborghi funzionano e raggiungere il centro per andare a lavorare o a teatro non è un problema. Milano deve ispirarsi a città come questa. Garantire la possibilità a chi non abita in centro di muoversi velocemente e senza disagi con mezzi pubblici sostenibili».

Neppure le macchine a guida autonoma?

«In un vagone della metropolitana dieci persone occupano meno di cinque metri quadrati. L'auto anche a guida autonoma occupa dieci metri quadrati e magari sposta un solo viaggiatore. Torniamo al tema dello spazio depauperato. Dobbiamo restituire quel suolo alla bellezza della vita, alle piazze, alle strade. Alle persone. La Galleria a Milano è tra i luoghi più gradevoli della città. Lì l'uomo torna protagonista. La città ideale dovrebbe essere tutta così».

Ma sono cambi che richiedono risorse enormi. Come si fa?

«È chiaro che ci vuole un grande impegno da parte dell'amministrazione e dello Stato. Occorre investire i fondi in modo strategico. Il bonus 110 è costato oltre 120 miliardi di euro all'Italia e il suo impatto sull'efficientamento degli edifici deve ancora essere valutato con attenzione. Si sarebbe potuto scegliere di fare investimenti sulla mobilità selezionando alcune grandi città sotto pressione per la piaga del traffico veicolare. Si sarebbe cambiato il volto di un Paese. Realizzare una nuova mobilità urbana significa investire in efficienza, produttività e benessere per tutti».

Cosa avrà di straordinario la città di Neom?

«Neom sorgerà in Arabia Saudita nella provincia di Tabuk: progettata per non avere strade o emissioni di carbonio verrà alimentata interamente da energia rinnovabile, percorsa da veicoli senza conducente e da numerose fattorie verticali. Il verde che si riprende il posto del cemento. Fa parte di una serie di progetti futuristici e sbalorditivi in Medio Oriente ed è anche una delle costruzioni più complesse al mondo. Far parte di questo progetto ci rende orgogliosi».

La città futuristica in Arabia Saudita parte da zero, ma come si fa a riqualificare città con una storia?

«New York ha fatto uno straordinario lavoro con la High Line, un parco lineare realizzato su una sezione in disuso della ferrovia sopraelevata.

La West Side Line costruita negli anni '30 era il peggio per una città, l'immagine stessa del brutto, soprattutto per chi ci abitava accanto o sotto. Sembrava un paesaggio senza futuro, eppure con la riqualificazione l'uomo è tornato protagonista. Proprio come avrebbe voluto Leonardo da Vinci».

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