Sotto le grandi navate dellHangar Bicocca di Milano emergono dal buio installazioni video che parlano di facce e tradizioni antiche, di scienziati geniali e scomparsi, di eroi contemporanei e credenze popolari in un percorso che utilizza e rivisita costumi e canoni popolari in maniera sorprendente. Visitando limponente lavoro «Balkan Epic» di Marina Abramovic ci si trova a riflettere anche sulle proprie, di radici, sulla perdita delle tradizioni, sulla sessualità come archetipo e non solo come merce esibita. Marina Abramovic, artista e performer nata a Belgrado ma cittadina del mondo, magnetica sessantenne senza età, ci avvolge come sempre in un abbraccio materno e drammatico, severo e nostalgico senza affettazione. «È la prima volta che parlo del mio paese, ho lavorato e visto il mondo, dallAustralia allIndia, ma i Balcani erano troppo vicini, dovevo prenderne le distanze - racconta - così è la prima volta che affronto questo tema, ma anche se il lavoro riguarda i Balcani, ho voluto tradurre queste idee in temi universali».
Lartista ci era già riuscita, alla Biennale di Venezia del 1997, con una performance premiata dal Leone dOro. Seduta su una montagna di ossa animali, aveva raccontato della guerra, spazzolando con vigore le ossa per ripulirle da ogni traccia di carne, mentre cantava nella lingua natale. Ritroviamo nellHangar il video della performance, assieme alle altre cinque grandi videoinstallazioni, di cui una inedita. Lallestimento impeccabile è in ordine cronologico e convive con i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer che avevano inaugurato lo scorso anno lo spazio espositivo. Ogni lavoro ha un perimetro definito nel percorso, e lartista li illustra in modo piano, traducendo quel che si vede con la qualità emotiva che la contraddistingue. «Nel lavoro Count on US, realizzato dopo la guerra nel 2003, dirigo vestita da scheletro unorchestra di 86 bambini che cantano un inno alle Nazioni Unite, organizzazione che li ha inondati di derrate di poca qualità e medicine scadute. E la stella nera, sempre composta di bambini, è la rappresentazione del nostro lutto, ma ironicamente anche delle speranze».
La gamma delle opere dell'Abramovic va dallironia alla tragedia. «Nude with Skeleton è la memoria di una performance realizzata la scorsa estate alla Fiera di Basilea. Sono sdraiata sotto uno scheletro della mia taglia, che ci ricorda la nostra caducità, ma attraverso il mio respiro respira anche lui, prendendo in qualche modo vita». E continua: «Hero è dedicato a mio padre, eroe della Resistenza. A cavallo, icona eroica, reggo una bandiera bianca, lunica che posso sventolare perché bisogna arrendersi ai cambiamenti, non rimanere fissi sulle proprie posizioni come ha fatto mio padre». E si arriva così a «Balkan Epic» due opere distinte che prendono spunto dalluso dellerotismo nelle tradizioni balcaniche. «Si credeva che nellenergia erotica ci fosse qualcosa di soprannaturale che avvicinava uomini e dei.
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