Milano - Massimo Fini ama sparigliare. Giornalista, saggista e polemista. Non pago ha voluto fare anche l’attore. Onnivoro e insaziabile ora si è pure messo a scrivere romanzi. Di fantascienza. Da domani è disponibile nelle librerie Il Dio Thoth, edito per i tipi della Marsilio.
Come le è venuta l’idea di un libro di fantascienza?
Questo è il mio primo romanzo ma in verità la struttura del racconto è molto antecedente. La prima stesura è del 1978 ma era un’opera ancora acerba.
Trent’anni dopo la trama è sempre valida?
Sì ma ho dovuto rimetterci molto le mani e poi certi elementi sono stati ripresi da film come Blade Runner, Matrix o Arancia Meccanica.
Il filone quindi è quello…
Il filone è quello della fantascienza orwelliana e del Mondo Nuovo di Huxley, quindi una realtà forzata ma di poco. Non ci sono né alieni né extraterrestri, per intenderci. La fantascienza siamo noi.
Quindi dalla cronaca del presente a quella del futuro possibile il passo è breve?
Diciamo che l’attualità è quasi fantascienza. Molte cose che nel 1978 sembravano fantascientifiche oggi non lo sono e sono reali. Per esempio il potere della virtualità rispetto alla realtà e l’informazione. In certe cose in questo libro, come in altri, ho precorso i tempi.
Una critica alla modernità e alla tecnologia?
Ce l’ho con certe degenerazioni. C’è gente che vive solo su Facebook e non riesce ad avere rapporti reali. Li capisco, perché nella virtualità non c’è il dolore. Ma anche chiudendosi in questi mondi poi il dolore riappare. Nel mio racconto tutti girano con le cuffie per ascoltare l’Ipod e per sentire le ultime informazioni, ogni istante.
L’informazione, appunto, è il tema principale.
Sì, ma non la buona o la cattiva informazione, l’informazione in quanto tale. Nel mio romanzo tutti lavorano nel mondo dell’informazione e quindi tutti ne fanno parte, contribuiscono a crearla. Le parole e le immagini sono diventate una barriera fra noi e la vita. L’informazione è uno degli strumenti più insidiosi della tecnica.
Fini ma vuole abbandonare la barricata e fare il romanziere?
No. Questo libro mi ha permesso di trattare in un altro modo i temi classici della mia produzione. Non scriverò mai romanzi d’amore.
Questo è il racconto di un uomo che è su un ramo di un albero e vede mentre lo stanno tagliando.
Nel suo libro il governatore del mondo è anche proprietario dell’unica testata giornalistica esistente. Non sarà mica Berlusconi?
Macchè! Il mio libro ha più a che fare con Eraclito che con Berlusconi. Non è assolutamente il premier, semmai almeno fisicamente somiglia di più a Scalfari. Ma non è nessuno dei due. Non c’è nessuna polemica nel mio libro.
C’è solo qua e là qualche richiamo all’attualità. La mia tesi va oltre, io parlo della conoscenza che uccide se stessa.
Sbertuccia la società in generale quindi?
Sì, al massimo c’è un discorso del governatore che in retrospettiva prende per il culo i talk show e certa nostra televisione.
Prima di chiudere l'intervista mi coglie un dubbio. Per sicurezza ricordo a Fini che l’articolo uscirà su un giornale on line. Insomma, roba di internet. Moderna. “Io non ce l’ho con la rete ma con l’informazione in generale”.
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