Gerusalemme - Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha chiesto al presidente palestinese Abu Mazen di portare avanti negoziati "sinceri e positivi" nonostante sia scaduta senza proroghe la moratoria di 10 mesi sulla costruzione di insediamenti nei Territori palestinesi. Il congelamento delle colonie doveva terminare alla mezzanotte e così è stato: a nulla sono valsi gli appelli venuti da più parti. Ma la risposta palestinese ufficiale sul prosieguo dei colloqui di pace, dopo la scadenza della moratoria sugli insediamenti, non arriverà prima del 4 ottobre.
Verso un "accordo storico" Appena giunto a Parigi dove oggi vedrà Nicolas Sarkozy, Abu Mazen ieri sera aveva ribadito che senza una ulteriore blocco "il processo di pace sarà una perdita di tempo". Nel suo appello, secondo quanto reso noto in un comunicato, Netanyahu ha però chiesto al presidente palestinese di non abbandonare i colloqui di pace in modo da poter giungere "ad un accordo storico" nel giro di un anno. In Israele e nei Territori palestinesi l'attesa per la scadenza ieri è stata vissuta in un clima di grande nervosismo. Lo dimostra quanto avvenuto in serata in Cisgiordania quando due auto di coloni israeliani sono state colpite dal fuoco di armi automatiche partito, a quanto pare, da un commando palestinese nei pressi di Hebron. Una donna al nono mese di gravidanza è stata leggermente ferita a una gamba e due ore dopo, in ospedale, ha dato alla luce un figlio.
L'appello ai coloni Ieri da Netanyahu era venuto un primo appello rivolto ai coloni - col dito già sulla chiavetta di accensione dei motori dei bulldozer - e ai partiti alleati perché diano prova "di moderazione e senso di responsabilità". Sono continuati anche gli sforzi della diplomazia, soprattutto degli Usa, per trovare un compromesso tale da permettere ai leader israeliani e palestinesi di scendere dalla sommità degli alberi su cui si sono assisi. Il portavoce del Dipartimento di Stato P.J. Crawley ha detto che Hillary Clinton ieri per due volte ha parlato per telefono con Netanyahu. Il ministro della difesa israeliano Ehud Barak - non si sa su quali basi - ha detto dal canto suo di ritenere che vi sia il 50% di probabilità che alla fine si trovi una soluzione che permetta la continuazione delle trattative. Sottoposto alle pressioni di coloni, di partiti della coalizione e di forze all'interno dello stesso Likud (il suo partito) Netanyahu non ha annunciato il proseguimento della moratoria per evitare una spaccatura nella coalizione e una probabile crisi di governo.
I problemi di Abu Mazen Abu Mazen (Mahmud Abbas), prigioniero delle sue ripetute dichiarazioni che i negoziati di pace con Israele ripresi da appena un mese dopo due anni di interruzione, non continueranno "se comincerà anche la costruzione di una sola casa", sembra dal canto suo avere trovato una possibile via di uscita scegliendo di rinviare il problema al comitato di guida della Lega Araba. Questo, su richiesta di Abu Mazen, si riunirà all'inizio di ottobre (probabilmente il 4) al Cairo per concordare una posizione. Nel frattempo pressoché l'intera galassia politica palestinese, oltre all'opposizione scontata dei movimenti islamici, si è sollevata contro i negoziati senza la proroga. Perfino uno degli esponenti politici più moderati di Al Fatah, come Sufian Abu Zaida, si è espresso in modo apertamente ostile al proseguimento dei colloqui, accusando Israele di malafede. Dicono i palestinesi: condurre negoziati con Israele mentre lo Stato ebraico nel contempo continua a costruire e a ingrandire gli insediamenti è come negoziare sulla spartizione di una pizza mentre una delle parti continua a mangiarla. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), seconda tra le organizzazioni che aderiscono all'Olp, ha annunciato di aver sospeso la sua partecipazione al comitato esecutivo dell'organismo per protestare sia contro i negoziati diretti con Israele sia per il modo in cui le decisioni vengono prese nei fori dell'Olp.
Le preoccupazioni di Israele In Israele accanto alle voci di chi, come il presidente Shimon Peres, esorta a fare di tutto per evitare una crisi che potrebbe essere molto pericolosa, si sono sentite anche le grida dei rappresentanti dei coloni e della destra militante: per loro la moratoria è finita e non sarà mai più ripetuta.
"Abbiamo atteso - hanno detto ieri - dieci mesi e da domani mattina riprenderemo a costruire dappertutto". Già nel pomeriggio di ieri in alcuni insediamenti si sono svolte cerimonie di posa della prima pietra di nuove case sotto i riflettori di reti Tv di tutto il mondo. Oggi potrebbero seguire altre iniziative.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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