Un colpo di pistola alla testa. Così si è tolto la vita ieri mattina Mario Cal, 71 anni, fino a pochi giorni fa amministratore e motore dell'ospedale San Raffaele di Milano. Il San Raffaele non è soltanto una delle eccellenze sanitarie del Paese. È molto di più. È un polo di studio e ricerca internazionale (la sua università è al primo posto in Italia) messo in piedi negli anni da un prete, don Luigi Verzè, che molti hanno definito visionario. A differenza di quanto capita ai comuni mortali, don Verzè al suo sogno aveva dato sostanza. Troppa forse, suscitando l'invidia del mondo accademico e non solo. L'anziano prete aveva affidato i conti della sua opera a Cal alla provvidenza (che di volta in volta prendeva le forme di grandi industriali benefattori, Silvio Berlusconi in primis). Non è bastato. Travolto dai debiti ( si parla di novecento milioni di euro) don Verzè nei giorni scorsi ha dovuto arrendersi e passare la mano a una cordata di salvataggio guidata dalla finanza vaticana. Così Mario Cal non solo ha dovuto dimettersi ma era stato chiamato in Procura a Milano, interrogato come persona informata dei fatti. Che cosa volevano sapere i pm non lo sappiamo, quello che è certo è che uscito dal tribunale il manager aveva confessato agli amici la sua angoscia per un possibile e probabile linciaggio mediatico ancora prima che giudiziario. Già si vedeva le sue parole sbattute in prima pagina, le ipotesi di eventuali reati spacciate per sentenze. Ha deciso di non stare a questo gioco e ha tolto il disturbo. Per questo il suicidio di Cal, uomo non certo fragile o depresso, non è da archiviare come fatto di cronaca nera. È piuttosto da inserire in un clima fetido che ormai contagia tutto e tutti. Una sorta di guerra civile che ricorda i tempi di Tangentopoli. Eravamo nel '93, era luglio come oggi quando Raul Gardini, potente patron di Enimont, si tolse la vita allo stesso modo pur di non finire nel tritacarne di Di Pietro e soci. Tre giorni prima, Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni, si era soffocato nei bagni di San Vittore dove era agli arresti da 4 mesi. Il suicidio preventivo come protesta estrema, totale mancanza di fiducia in una giustizia cinica e feroce, ribellione a un vento giustizialista che non distingue più nulla, nelle aule dei tribunali come sui giornali. Le analogie con quegli anni bui non finiscono qui. Le monetine che vennero lanciate a Craxi sono diventate virtuali (rivolta via internet contro i privilegi di una casta politica stupidamente sorda) ma non per questo meno pericolose. Così come in parlamento si stanno aprendo pericolosi varchi alla voglia dei magistrati di arrestare deputati e senatori prima che vengano celebrati processi ed emesse sentenze. Non cadiamo nel tranello. Chi soffia su questo fuoco non cerca il cambiamento ma lo sfascio.
E come ha dimostrato la vicenda di Tangentopoli, chi soffia su questo fuoco non sarà il vincitore di domani. Dai suicidi e dalle manette non è mai nato nulla di buono. Al massimo qualche pm ammazza Casta è entrato nella Casta (Antonio Di Pietro, Gerardo D'Ambrosio, eletti onorevoli con la sinistra).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.