Ozil guarderà in faccia Messi. Chi sei? Lo sa chi è: il migliore. Germania-Argentina è la faccia più nuova del Mondiale contro la faccia più popolare. Perché Cristiano Ronaldo non c’è più e comunque non è mai stato Leo. Messi è la star che resta: la certezza di avere il più forte del pianeta ancora in campo. Un flash per fermare il destino: Lionel cerca il gol che non arriva, vuole il nome su un tabellino solo per confermare le aspettative. C’è stato eccome, finora: assist, dribbling, divertimento, botte prese. Eppure senza quel gol è come se non ci sia stato davvero: in questo Mondiale fatto di stelle cadenti, lui è rimasto sempre in piedi, ma comunque non al massimo. Dice che il gol non gli manca: mente. Maradona lo sa, per questo impazzisce ogni volta che un portiere toglie dalla porta un pallone calciato da Leo. Guarda Diego: sembra un animale in gabbia, un padre che ha appena visto suo figlio dispiaciuto per non aver realizzato un desiderio.
Messi cerca quello che ha sempre trovato: una giocata che finisca con la palla in rete. Non chiede troppo, chiede semplicemente di riprendersi la sua vita: quella di un fenomeno inarrivabile per chiunque si avvicini, di un talento che non è soltanto bello, ma è soprattutto utile. Perché Messi è la genialità mai fine a se stessa, ma adagiata su uno schema, su un'idea, su un modo di stare in campo. È il campione di tutti perché non assomiglia a nessuno di quelli che l'hanno preceduto. Non c'entra con Maradona, per esempio. Diego era la squadra, Leo è il più forte di una squadra: non esisterebbe senza gli altri, non sarebbe lui fuori da un contesto. Messi è il più forte del Barcellona e il più forte dell’Argentina, ma anche senza di lui le sue squadre sarebbero ugualmente grandi. Al Mondiale è arrivato con quel carico di responsabilità che a un certo punto è impossibile da scaricare: con Maradona in panchina, tutti hanno trasformato Leo nell’erede di Diego. Ci si aspettava che vincesse le partite da solo, come El Pibe de Oro fece in Messico.
Argentina-Germania è l’ennesimo flash back, un altro obbligo caricato sulle spalle piccole di Messi: Diego trascinò l’Argentina verso la vittoria proprio contro i tedeschi. Finale. All’Azteca di Città del Messico: un destino scritto esattamente come adesso scrivono quello di Lionel. Obbligato a vincere per un senso di devozione al suo allenatore, per un diritto dinastico che l’ha portato ai vertici del calcio mondiale proprio mentre il suo presunto mentore Maradona diventava allenatore dal nulla o quasi. C’è sempre la Germania, comunque. Oggi arriva lo stesso ostacolo: allora in finale, ora nei quarti. E la Germania del momento è nelle mani di quel ragazzo che guarderà Messi chiedendogli chi sia.
Eccolo Mesut Ozil, preso come prototipo di un Paese che ha trascinato sul campo da calcio la sua nuova composizione etnica. E però Ozil è tedesco tedesco, nato in Germania, cresciuto in Germania, calcisticamente e socialmente germanico. Guarda come gioca: concreto, essenziale, intelligente. Tutto quello che abbiamo sempre detto e scritto nei talenti di origine tedesca, lo trovi in lui, che non si chiamerà Franz o Matthias, che non ha i capelli biondi e gli occhi azzurri, ma è comunque la Germania. Portava i capelli con la cresta come Beckham, amava i film di Will Smith e la musica del rapper tunisino Bushido. Dice così: «La mia abilità nel toccare il pallone viene dalla parte turca che è in me, mentre la disciplina e la determinazione a dare tutto viene dal lato tedesco». S’è fatto una vita a Gelsenkirchen, è diventato calciatore vero nello Schalke 04. Forte, tecnico, rapido. S’è trovato in mezzo al suo destino, come Messi. A Leo è toccata l’eredità di Diego. A Mesut, la facile equazione mediatica: origini turche uguale simbolo dell’integrazione.
Oggi tutti ricordano quella storia della disputa internazionale sul suo passaporto: doveva scegliere per quale nazionale giocare, e Ankara lo reclamava. La federazione turca gli aveva mandato anche i gemelli Altintop, cresciuti a Gelsenkirchen come lui ma finiti nella squadra turca: «Ascolta il tuo cuore». Mesut ha scelto il contrario, perché è più tedesco di molti tedeschi: ha solo approfittato della nuova legge sulla cittadinanza in vigore dal 2000 e che ha introdotto in Germania lo ius soli, cioè il diritto di scegliere la nazionalità del Paese nel quale si nasce. La Turchia se l’è presa. La Germania se l’è preso. Nazionale Under 21, leader e trascinatore di un gruppo che ha vinto il titolo europeo l’anno scorso.
Ora Nazionale maggiore. C’è un Paese che parla di lui. Oggi gioca contro il calciatore più forte del mondo. Messi non lo chiederà, ma dovrebbe: chi sei? Mesut risponderà sul campo. Deve dire chi è, perché ormai che cos’è lo sappiamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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