Milano - Sarebbero stati trovati dei documenti appartenenti a persone diverse da quelle arrestate finora all’interno del covo trasformato in laboratorio nell’appartamento di Via Gulli a Milano. Gli investigatori hanno accertato che questo appartamento, dove sarebbe stato fabbricato l’ordigno, era nella disponibilità di Mohamed Game, il libico 35enne che ha fatto esplodere lunedì scorso un ordigno all’esterno della caserma di Piazzale Perrucchetti.
Sulle tracce di tre egiziani Tre cittadini egiziani sarebbero attivamente ricercati perché ritenuti i componenti mancanti della cellula islamica individuata e (parzialmente) smantellata a tempo di record il giorno dopo l’attentato. Sarebbero in possesso di almeno 40 chili di nitrato d’ammonio, quelli mancanti dal covo di via Gulli e acquistati una settimana prima dell’attentato, oltre che di inneschi e detonatori. Altra notizia su cui manca "l’unanimità" delle diverse fonti investigative è quella della presunta lista di obiettivi, caserme dell’esercito, comandi e stazioni dei carabinieri (dove le misure di sicurezza sono state rafforzate), questura e altri obbiettivi "militari". Di certo dunque, c’è solo che le indagini delicate, complesse anche per la pressione politico-mediatica, proseguono in modo serrato.
La rete di relazioni dell'attentatore Gli investigatori della Digos e del Ros dei carabinieri concentrano i loro sforzi per identificare la rete di relazioni dell’attentatore, Mohamed Game, e dei due suoi conoscenti fermati, l’egiziano Mahmoud Kol e il libico Mohamed Israfel. Ricostruendo amicizie, rapporti, legami e frequentazioni dei tre si indaga per chiarire se si tratta di militanti inquadrati in qualche organizzazione islamica internazionale o, come sembra sempre più certo con il passare delle ore, si tratti di cani sciolti, isolati e spinti più da un grave disagio personale che da una vocazione religiosa al martirio. Gli investigatori stanno anche studiando il poco materiale cartaceo e informatico sequestrato nei tre appartamenti, rispettivamente occupati dall’attentatore e in quelle dei due fermati. Oltre naturalmente alla sessantina di chili di nitrato d’ammonio trovati a casa di Kol e naturalmente di quanto trovato nella cantina dello stabile al civico 1 di via Gulli dove vivono i fermati, tra cui diversi contenitori e pentole con residui di quella che dovrebbe essere la miscela a base di acetone, ammoniaca e nitrati che costituiva l’ordigno artigianale usato da Game.
L'egiziano non risponde al gip Si è avvalso della facoltà di non rispondere Abdel Hady Abdelaziz Mahoud Kol, l’egiziano di 52 anni fermato per l’attentato alla caserma. Comparso davanti al gip Franco Cantù Rajnoldi per l’udienza di convalida del fermo, il 52enne ha scelto di non rispondere alle domande. Il suo difensore, l’avvocato Lorenzo Piazzese, ha chiesto per lui l’applicazione degli arresti domiciliari e il gip si è riservato. Kol è stato fermato con l’accusa di fabbricazione, detenzione e trasporto di esplosivi con l’aggravante della finalità di terrorismo. Il pubblico ministero Maurizio Romanelli ne ha chiesto la custodia cautelare in carcere ritenendola l’unica misura contro il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove.
"Quanto al pericolo di fuga vi lascio immaginare le sue condizioni economiche - ha detto a margine dell’udienza il suo legale - ha cinque figli in Italia e altri 5 in Egitto. Per mantenerli deve lavorare e il lavoro, come elettricista, lo ha in questo Paese". Secondo Piazzese, le altre esigenze cautelari possono essere agevolmente contenute con i domiciliari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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