Mimmo Rotella lo «strappamanifesti» - come lo etichettava con un pizzico di ironia la critica negli anni Cinquanta - torna nella sua Milano con una grande mostra del cosiddetto «periodo buono»: ovvero il decennio tra il 1953 e il 1964, quello dei primi «decollage» e dei «retro d'affiches», i poster stradali incollati alla rovescia sulla tela con tanto di avanzi di colla e calcinacci.
Torna postumo nella città che lo accolse nel nuovo millennio dopo un lungo e non casuale girogavare nelle capitali dell'arte del Dopoguerra, da Roma a Parigi fino a New York. E da domani Palazzo Reale accoglierà la prima importante esposizione dell'unico esponente italiano del Nouveau Realisme, il movimento fondato dal critico francesce Pierre Restany, con un nucleo di 160 opere provenienti da collezioni internazionali selezionate da Germano Celant, appena reduce dalle polemiche sui megacompensi targati Expo. «Con Celant abbiamo collaborato nel 2001 per la stesura del suo libro Mimmo Rotella edito da Skira, e sempre con lui per la prima grande monografia dell'artista» ricorda Piero Mascitti, amico fraterno del maestro e consigliere delegato dell'omonima Fondazione che in questi anni ha fatto il punto sull'intera opera che oggi annovera circa settemila pezzi. Mascitti, che è anche l'esecutore testamentario dell'artista scomparso a Milano nel 2006, non nasconde il peso della responsabilità: «Mimmo, come altri grandi, aveva a volte il vizio di retrodatare le opere e dunque, in vista della pubblicazione della prima edizione del catalogo generale curato sempre da Celant, abbiamo dovuto lavorare sodo». Catalogo che, inutile nasconderlo, avrà un peso non indifferente sul mercato di un autore che, sottolinea Mascitti, dal Duemila ad oggi ha visto aumentare le quotazioni del... 3.200 per cento.
Mascitti ricorda gli anni milanesi in cui viveva fianco a fianco all'artista adorato dallo star system americano («l'attore Jhonny Depp volle a tutti i costi una sua Marylin per brindare al fidanzamento con Vanessa Paradis...»), ma anche dai grandi della politica italiana. «Lui è sempre stato nei posti giusti al momento giusto: era a Roma durante la Dolce Vita quando andava di notte a strappare i manifesti, a Parigi per il Nouveau Realisme che celebrava i rifiuti della società industriale e che lo accolse a braccia aperte. E poi era nella New York dell'Espressionismo Astratto che certamente ne contaminò la poetica». E poi, infine, nella Milano da bere. «Craxi lo adorava e con Martelli lo invitavano spesso a Parigi per mangiare le ostriche - ricorda Mascitti - ma anche D'Alema non resistette al suo fascino e dopo la morte di Bettino disse al figlio Bobo: io e tuo padre avevamo una grande passione in comune, Mimmo Rotella». Scanzonato, dandy, donnaiolo, una volta finì in carcere perchè sorpreso con una prostituta e in possesso di marijuana. «Alla fine se la cavò grazie alla modica quantità, mentre un critico dimostrò ai giudici che gli oggetti fallici erano in realtà opere dadaiste...». Mascitti ricorda poi il periodo della malattia.
«Lui amava il cinema e soprattutto i suoi feticci, primo tra tutti Marylin, icona memorabile dei suoi decollage. Ricordo che pochi giorni prima di morire strappò completamente le Marylin che aveva nel suo studio di via Sangallo: fu il suo modo di esorcizzare la malattia che lo avrebbe portato via».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.