È un vero terremoto nel mondo delle ambulanze milanesi quello scatenato dal provvedimento con cui due giorni fa la Procura di Pavia ha ottenuto il sequestro della cooperativa First Aid. Perchè va a colpire il colosso che negli ultimi anni ha conquistato passo dopo passo quote sempre più vaste del business delle lettighe, con metodi che sollevavano da tempo perplessità e denunce, e inghiottendo nel frattempo marchi storici in difficoltà, come Ata Soccorso e la Croce Maria Bambina. Un colosso, quello guidato dai fratelli siciliani Antonio e Francesco Calderone, dagli agganci politici importanti ma anche con legami sotterranei con ambienti malavitosi.
Oggi la rete di marchi che fa capo ai Calderone gestisce la maggioranza delle postazioni di pronto soccorso concesse da Areu, l'azienda regionale per l'emergenza, nel territorio del Comune di Milano: si tratta spesso delle postazioni più ghiotte, quelle che generano più chiamate e più reddito. Ma ancora più redditizio è l'affare dei trasporti interni agli ospedali pubblici. Nell'aprile scorso a far finire nei guai la First Aid e ai domiciliari i Calderone furono i metodi con cui avevano ottenuto l'appalto per trasportare i malati tra gli ospedali della provincia di Pavia. Ma la stessa (finta) cooperativa ha anche il gigantesco appalto per il Policlinico di Milano: storia curiosa, perchè in realtà l'appalto alla First Aid risulta scaduto nel 2015, ma per vie di fatto, tra una proroga e l'altra, a regnare tra i padiglioni di via Francesco Sforza sono ancora le ambulanze dei Calderone.
I metodi con cui i due fratelli (mascherati dietro un prestanome, visti i precedenti penali di uno di loro) riuscivano a sbaragliare la concorrenza erano noti da tempo nel settore: dipendenti spacciati per volontari e costretti a lavorare gratis fuori orario, mezzi non sanificati e posteggiati per strada. La Croce Verde di Bergamo aveva denunciato più volte i metodi della First Aid, che aveva anche gli appalti in ospedali flagellati dal Covid come Nembro in Val Seriana, dove ammucchiava i malati sulla stessa ambulanza. Da notare anche che i Calderone controllano anche una ditta di pompe funebri, in modo da gestire il ciclo completo dei pazienti più sfortunati, anche se il doppio ruolo sarebbe proibito. Ora la Gdf di Vigevano, coordinata dal pm Roberto Valli, ha incamerato le testimonianze di numerosi lettighieri della First Aid, che hanno confermato di essere stati costretti per anni a subire le imposizioni dei Calderone.
Ma la spregiudicatezza nella gestione del personale non è sufficiente a spiegare il travolgente successo della cooperativa. I due fratelli - uno dei quali ama farsi ritrarre a torso nudo coperto di tatuaggi o alla guida di Ferrari e Lamborghini - hanno saputo trovare sponde importanti nelle istituzioni. Basta pensare che da una visura camerale effettuata nel luglio scorso il presidente del Consiglio d'amministrazione della Cooperativa Sociale First Aid risulta essere l'avvocato Michele Vietti, ex deputato ed ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura.
Ma scavando nella rete che ha dato vita in Sicilia alla creatura dei Calderone, la Guardia di finanza ha trovato anche personaggi meno illustri. Nella ordinanza di custodia eseguita nella primavera scorsa contro la «testa di legno» che amministrava la società, tale Francesco Di Dio, si legge testualmente che «la predetta società cooperativa è amministrata dai fratelli Calderone e da Pepe Salvatore, soggetti che risultano gravati da precedenti penali di rilevante allarme sociale, in particolare Pepe per delitti connotati da metodo mafioso».
Ora la gestione dell'impero dei Calderone è affidata a un amministratore giudiziario, chiamato a mettere
ordine nei conti occulti della First Aid. Ma la domanda che si fanno in queste ore le croci travolte dall'avanzata dei due fratelli è: che fine faranno gli appalti assegnati in questi anni alle ambulanze venute dal nulla?
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