Arriva al capolinea la carriera di Penati: «Lascio la politica, ora dimenticatevi di me»

«Da oggi ho scritto parola fine al mio impegno politico, torno a essere un comune cittadino». Ultima fermata. Capolinea. Titoli di cosa su una carriera folgorante conclusa nel peggiore dei modi. Era la favola dell'insegnante partito dalla periferia del Pci e arrivato a sedere nella stanza dei bottoni, braccio destro del segretario del Pd, cavallo vincente su cui avevano puntato in molti e poi azzoppato a poche lunghezze dal traguardo. Perché questa è una favola senza lieto fine, è solo una storia - molto italiana - di un uomo pubblico travolto dagli scandali giudiziari e scaricato dal partito quasi fosse un appestato. Della serie: quella è la porta, Filippo Penati. E ora, Filippo Penati la porta l'ha presa. Lasciando il Palazzo.
L'ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani esce di scena. Presentando assieme a tutti i consiglieri lombardi le dimissioni, ha detto basta. «Torno a essere un cittadino comune». «Si è aspettato per troppo tempo e le dimissioni dovevano essere date prima - ha spiegato Penati nell'aula della Regione - oggi (ieri, ndr) il Consiglio ha trovato un punto di equilibrio e il risultato è stato positivo».
Ora, da «cittadino comune», potrà forse affrontare i suoi guai giudiziari con più tranquillità. Senza gli strali che gli sono piovuti addosso negli ultimi mesi, anche da sinistra. «Fuoco amico», si chiama. Il fuoco di un partito che su Penati aveva puntato molto. Forse, ipotizzano i pm, anche in ragione di alcune operazioni gradite ai vertici del Pd, quella della Milano-Serravalle su tutte. Però Penati sembrava offrire una prospettiva vincente. Un'ascesa interrotta sul più bello nel 2010, quando fu sonoramente sconfitto da Roberto Formigoni alle elezioni regionali. Ma, si diceva, battere Formigoni in Lombardia era come scalare l'Everest senza ossigeno.
E proprio ora che un'altra baraonda di indagini ha travolto la giunta di centrodestra, Penati non potrà più cercare la sua rivincita. Troppo grandi gli scandali emersi dall'inchiesta sul cosiddetto «sistema Sesto», troppo pesanti le accuse di corruzione e concussione che gli sono state mosse dalla Procura di Monza. Penati è stato sospeso dal Partito Democratico fino a quando una sentenza non stabilirà se è colpevole o innocente. Lui ha sempre professato la propria correttezza. Ha continuato a sedere in consiglio regionale e a percepire un lauto stipendio. Fino a ieri, quando - da presidente e unico componente del gruppo misto - ha optato per lo scioglimento di se stesso.

Ora tornerà a insegnare, anche se dall'ultima volta che è entrato in un'aula sono passati quasi vent'anni. E «non so se avrò le energie per ricominciare», dice. Il suo testamento politico è la preghiera dell'oblio. «Per favore, dimenticatevi di me».

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