«Se conoscete e trovate di vostro gusto uno o più vini, che comprate o ordinate in enoteca o al ristorante, potete già considerarvi degli intenditori». Si apre con queste parole il saggio di Leon D. Adams appena tradotto da Mondadori e intitolato Liberi di bere (pp. 192, euro 16,90). Un testo con un messaggio chiaro diretto a chi apprezza una buona bottiglia, ma avverte il timore di essere considerato un tipo da vino della casa: ognuno deve bere quello che gli piace. Assioma che è anche la filosofia da cui è nata Tannico, la Amazon di chi ama accompagnare pasti e momenti di relax con un buon calice. E del volume di Leon Adams, la brand manager di Tannico, Juliette Bellavita, ha scritto una prefazione al testo italiano.
Tannico è una società che vende online un milione di bottiglie all'anno ed è nata da un'idea di Marco Magnocavallo e della sua compagna: «In un settore, quello delle aziende vitivinicole, rimasto per troppo tempo ancorato a meccanismi del passato, a stereotipi o abitudini commerciali che mal si sposano con il progresso - afferma l'imprenditore - Tannico ha l'ambizione di rivoluzionare il mercato dando voce ai piccoli produttori artigiani, semplificando gli aspetti commerciali tra aziende e canale e tra cantine e clienti finali».
Proprio grazie all'approccio innovativo di questa azienda si è aperto un mercato, di cui questa è leader indiscusso, per aver favorito le piccole e grandi aziende vitivinicole. Un impegno che si è tradotto anche in un'inchiesta che ha permesso di tracciare il profilo del bevitore milanese. Nemmeno a dirlo, uno dei primi dati emersi dalla ricerca sviluppata per il Giornale è che il cliente milanese spende il 5 per cento in più in bollicine rispetto all'italiano medio. E ama molto la marca Ruinart, la differenza è del 43 per cento, rispetto al dato nazionale.
Sotto la Madonnina si spende molto di più nella fascia «Iconic», cioè quella sopra i 200 euro a bottiglia. In questo campo la differenza tra il cliente medio e quello del capoluogo lombardo è del 28 per cento. Il grosso degli acquisti però è nel segmento «Value» quello tra i 10 e i 15 euro, un dato in linea con l'italiano medio, ma comunque percentualmente inferiore del 14 per cento per i meneghini.
Se i milanesi comprano vini costosi più che nel resto d'Italia il motivo sta nella considerazione che «il cliente milanese è molto benestante, il 73% degli acquisti provengono dalle persone con reddito maggiore ai 42mila euro - spiegano a Tannico - Questa fascia di reddito a Milano è molto più incisiva della media italiana (+50% rispetto alla media). Questo naturalmente si riflette anche dal fatto che i milanesi sono molto interessati alle etichette Iconic».
Se poi ci siano più ricchi a Milano o se i benestanti siano soliti utilizzare di più le nuove tecnologie, la ricerca di Tannico non può dirlo: dall'approfondimento risulta anche
che le donne che comprano vino siano meno di un quinto del totale dei clienti, ma non è detto che non lo bevano. L'unico dato perfettamente in linea tra Milano e resto d'Italia è l'età media di chi compra online: 44 anni.
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