Diventa casa-museo l'atelier di Isgrò maestro di cancellature

Il celebre poeta-pittore apre il suo laboratorio alla città. In mostra le opere dal '60 a oggi

Diventa casa-museo l'atelier di Isgrò maestro di cancellature

«Non sono per gli spazi chiusi: l'arte è un privilegio che bisogna condividere», dice Emilio Isgrò, mentre ci apre la porta della sua casa-museo-atelier. Siamo in uno spazio intimo, l'interno del civico 5 di via Martiri Oscuri, una tranquilla traversa di viale Monza: qui il rumore del traffico non arriva, qui, su due piani e 1.500 metri quadrati, si snoda tutta la vita dell'artista delle cancellature, pittore e poeta (Guanda darà alle stampe a settembre un suo libercolo in versi), romanziere, drammaturgo e anche professore («alla Naba e allo Iulm: ma non ero bravo, non bocciavo mai nessuno»). Isgrò, 81 anni, occhi limpidi e barba bianca, ha i modi eleganti e generosi che solo certi siciliani posseggono quali doni innati e in questo spazio, che lui chiama semplicemente istituto, ci si sente piacevolmente a casa. Il luminoso patio conduce subito allo studio (intimo, minimale) e a un salottino: sbirciamo tra gli scaffali, curiosi di capire che cosa legge Emilio Isgrò, il più colto e letterario degli artisti italiani contemporanei. Ci sono i grandi classici, dizionari in varie lingue, volumi d'arte e poi che sorpresa anche qualche classico Disney in videocassetta («Non sono molto tecnologico», ammette). Ci accoglie insieme alla moglie Scilla, mora, minuta ed elegante («A lei si deve tutto questo: è stata brava»): il questo è la trasformazione di un grande laboratorio di moda in una casa d'arte contemporanea dove sono raccolte una quarantina di opere della collezione privata dei coniugi Isgrò (i pezzi «invendibili») allestiti con cura da Marco Bazzini: alle pareti, vicino alle scale, i manifesti delle mostre più importanti. Il posto d'onore spetta a quella del 2016, a Palazzo Reale di Milano, che è la città d'adozione di questo artista nato a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Il percorso si snoda su 8 stanze infissi e pareti candidi, pavimento in marmo d'antan, ci si aggira in un luogo che non ha nulla di museale, ma pare un laboratorio: ci sono le prime «cancellature» degli anni Sessanta, le opere «in rosso» dedicate a Mao, Rosa Luxemburg ed Engels degli anni Settanta, la scultura celeberrima della Madonna di Pitagora, tutta coperta di formiche, l'iconica Jacqueline, dove l'assassinio di Kennedy è rappresentato dalla cancellazione fatta con un fitto reticolato nero sulla foto che ritraeva il momento dello sparo. Ci sono poi opere più recenti, come Il seme della relatività ma quel che conta di più è che questo spazio «di casa», intimo e privato, dove scorgi l'atelier è aperto a chiunque voglia curiosare (previa prenotazione: emilioisgro.info). Una casa-atelier-museo pronta ad accogliere i giovani studenti (tanti) che stanno scrivendo una tesi sull'artista e che qui possono vedere con calma le opere, i documenti e soprattutto confrontarsi con lui, archivio vivente. A marzo casa Isgrò è entrata nel circuito di Museo City: l'idea, dal prossimo autunno, è di mantenere un programma di visite una volta al mese, con Isgrò come guida.

«Mi sono chiesto: che cosa posso fare? L'unico modo che un artista oggi ha per farsi sentire non è sparire ma esserci, con approfondimenti sul proprio lavoro», commenta.

Un'estate intensa, la sua: sta ultimando qui le ultime opere che porterà alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia: sarà una mostra-monstre, un viaggio dal 1964 ad oggi con il testo (ovviamente cancellato «alla Isgrò») di Moby Dick, il romanzo di Herman Melville, ad avvolgere il tutto.

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