In vino veritas, recita il proverbio, e la verità dice che oggi la Lombardia stia puntando neanche troppo velatamente all'ennesimo primato nazionale: dopo quello della sanità, delle infrastrutture, della moda e del design, spunta quello dell'enologia. Potrebbe sembrare una bestemmia nel Paese del Sassicaia, del Brunello e dell'Amarone, ma così non è. Almeno a quanto emerge dai dati di Regione e Unioncamere alla presentazione del Padiglione Lombardia al Vinitaly di aprile. I dati parlano già di un record raggiunto dalla nostra Regione, quello della biodiversità e delle tipologie di viti coltivate: ben 90 tipologie differenti su un totale di 517 riconosciute. Alla quantità, però, fa sempre più eco una ricerca mirata della qualità, in un territorio variegato che spazia dalla colline della Franciacorta e dell'Oltrepò alle montagne della Valtellina fino ai Laghi di Garda e di Como. Una qualità che si esprime oggi nelle cinque etichette Docg, nelle 20 Doc e nelle 15 IGT, ma che in questi anni si sta sempre più concentrando in una parola chiave: «Bio». Dieci anni fa produrre vino biologico pareva un vezzo per un mercato di nicchia e invece ad oggi, anche in virtù di una domanda sempre più elevata, sono triplicati in Lombardia i vigneti organic e quelli in via di riconversione. «Se nel 2010 gli ettari destinati a questo tipo di produzione erano 908, nel 2017 hanno raggiunto in Lombardia quota 1.751 ettari, con un incremento del 93%» riferisce l'assessore all'Agricoltura Gianni Fava, durante l'incontro presenziato anche dal governatore Roberto Maroni. La Regione - ha sottolinerato Fava - sta sostenendo fortemente questo processo di conversione biologica dei vigneti e a tutt'oggi ha investito 67 milioni di euro. Oggi è il consorzio Franciacorta a far da volano in questa vera e propria rivoluzione di cui la Lombardia porterà la bandiera: la provincia di Brescia è infatti prima a livello regionale con 522,5 ettari a biologico e 504 ettari in conversione. Seguono la provincia di Pavia, con 259 ettari a bio e 378 in conversione, quella di Mantova (rispettivamente 34,5 e 20,8 ettari), quella di Bergamo (rispettivamente 7,6 e 10,4 ettari), quella di Sondrio (rispettivamente 2 e 8,7 ettari). Chiudono Lecco, con 0,3 ettari a bio e 2,2 ettari in conversione, Milano con 0,6 ettari bio e Varese, con 0,1 ettari a bio.
La produzione enologica lombarda aumenta e migliora anche nell'export (più 3,7% rispetto all'anno precedente); ciò che fatica a migliorare, invece, è la percezione di questa crescita soprattutto da parte degli esercenti. Un aspetto, questo, sottolineato con una punta di amarezza sia dall'assessore Fava che da Daniele Riva, vicepresidente di Unioncamere. «Invano, qualche anno fa - dice Fava - chiesi che enoteche e ristoranti della nostra Regione mettessero in evidenza una carta dei vini lombardi, esattamente come fanno in Toscana o in Piemonte». Siamo indietro, eppure le eccellenze non mancherebbero.
«Difficile affermare quale sia il Sassicaia lombardo - dice Riva - ma è altrettanto vero che ognuno dei territori lombardi vanta la sua eccellenza: solo nell'area del Garda abbiamo grandi bianchi strutturati come il Lugana, i rosè e i rossi leggeri, la Franciacorta primeggia nelle bollicine, e la Valtellina non è seconda a nessuno per i rossi strutturati».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.