Quattro miliardi: quanto vale il blocco degli scambi commerciali tra le imprese lombarde e Russia e Ucraina. In particolare sono congelati 3,3 miliardi di interscambio tra le nostre imprese artigiane e la Russia e 972 milioni con l'Ucraina (972 milioni). Una cifra enorme che ha un impatto sostanziale sull'economia nazionale se si tiene conto che la Lombardia è la prima regione per export verso il mercato russo.
Nello specifico sono tre i settori in cui il «made in Lombardia» è particolarmente apprezzato dai mercati dell'Est: macchinari, prodotti chimici e abbigliamento. Secondo l'Ufficio studi di Confartigianato Imprese nel 2021 l'esportazione di macchinari lombardi verso la Russia, che rappresenta il 30,5 per cento dell'export complessivo, valeva 662 milioni, due terzi in meno rispetto al 2013 (934 milioni). Il commercio di prodotti chimici, la seconda voce degli scambi con l'estero con il 15,1 per cento, valeva 327 milioni nel 2021 contro i 286 milioni nel 2013.
In crollo negli ultimi anni le esportazioni di abbigliamento, terza voce con l'11 per cento: se nel 2013 l'export verso la Russia valeva 293 milioni nel 2021 è sceso a 239 milioni. Questo il settore che sta soffrendo maggiormente: dopo il calo dovuto alla pandemia, infatti, la moda che faticava a riprendersi, si trova ora davanti a una nuova «batosta».
Cosa sta succedendo? La produzione manifatturiera lombarda si è fermata: ci sono imprese che non riescono più ad approvvigionarsi con la materia prima bloccata, altre che hammo ordini congelati e non possono andare avanti.
La risposta per sopravvivere a questo nuovo periodo di stallo sarebbe la cassa integrazione ma l'Inps non contempla la situazione attuale tra gli «eventi oggettivamente non evitabili». Tradotto: il blocco della produzione causato dalla guerra in Ucraina non è previsto dall'ente previdenziale, che non può attivare le misura sostegno dei lavoratori e delle imprese. Ecco allora il disperato appello di Confartigianato: «É indispensabile che l'Inps dia risposte congrue e rapide, comprendendo la congiuntura nella quale ci troviamo e le conseguenze del conflitto come ragione valida per l'accesso alla cassa integrazione, come è stato con il Covid 19».
Non solo, prima dello scoppio del conflitto il rincaro dell'energia elettrica stava facendo crescere i costi energetici delle imprese industriali più del triplo: la spesa per il 2022 era stata stimata 37 miliardi di euro contro gli 8 pre pandemia nel 2019. La causa: l'aumento della domanda di metano nel mondo, che ne ha fatto lievitare i prezzi. In quanto fonte energetica fossile ma meno impattante rispetto a petrolio e carbone, questo gas naturale riveste un ruolo importante per molti Paesi che stanno affrontando la fase iniziale della transizione ecologica. È perciò molto richiesto, in primis dalla Cina. Il rincaro dell'energia elettrica deriva come effetto domino del rincaro del gas. E la metà dell'elettricità italiana viene prodotta in centrali termoelettriche a ciclo combinato alimentate a metano.
Le previsione della crescita economica in meno di un mese sono già cambiate: se fino a metà febbraio, nonostante il caro energetico, l'Istat prevedeva
comunque una crescita del Pil del 4 per cento nel 2022, ora, solo per effetto dell'ulteriore caro energia indotto dalla guerra si è già stimata, a parità delle altre condizioni, una riduzione del Pil di 0,7 punti percentuali.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.