L'avanguardia di Nespolo «trasformista» fuori dal coro

Una retrospettiva (non cronologica) mette in mostra l'opera dell'artista biellese: tra pop, design e pubblicità

Francesca Amè

Minuto, con il passo rapido e la parlata veloce di chi è abituato a fare una, cento cose insieme Ugo Nespolo, classe 1941, si aggira negli Appartamenti del Principe di Palazzo Reale: in mostra c'è infatti Nespolo fuori dal coro (fino al 15 settembre, catalogo Skira), curata da Maurizio Ferraris e prodotta, insieme al comune, dallo stesso artista. «L'arte deve scegliere se essere viva o un oggetto da salotto» ci dice mentre iniziamo il percorso in duecento opere. Lo stile Nespolo, che la mostra mantiene fin nella grafica del titolo, abbiamo ormai imparato a conoscerlo: fresco, gioioso, colorato, leggero (pensando alla leggerezza di Italo Calvino, che non si traduce in superficialità) e versatile. La poliedricità di Nespolo quel suo essere pittore, scultore, regista, grafico, designer, scenografo teatrale, maiolicista, critico d'arte può essere spiazzante. E in effetti il piemontese Ugo Nespolo è artista apparentemente poco italiano: ama la contaminazione, si muove sul confine tra arte e design, prende a braccetto la pubblicità e sperimenta qualsiasi materiale. Sfuggente? Forse, ma in maniera consapevole: «L'artista a volte vuole essere dentro tutto per stare fuori da tutto», risponde pronto. Di certo Ugo Nespolo è personalità fuori dal coro e controcorrente: «Altro che le avanguardie, che di rivoluzionario non hanno avuto molto, perché sono state compiacenti con il potere dominante, salvo rare ed isolate eccezioni», commenta mentre osserva Avanguardia educata, una complessa composizione polimaterica scelta per concludere in climax il denso percorso di visita. Risale alla metà degli anni Novanta e insieme ad altri manifesti contro la bolla speculativa del mercato dell'arte contemporaneo, è forse una delle opere più amare esposte. Ma andiamo con ordine: la mostra non segue una scansione prettamente cronologica, ed è giusto così. Variabile e poliedrica, racconta stanza dopo stanza le tante declinazioni dell'arte di Nespolo: si comincia con Molotov, le celeberrime bottiglie presentate nel 68 alla Galleria Il Punto di Torino. L'artista oggi ricorda con il sorriso quegli anni, l'amicizia con Enrico Baj i lavori fatti con Pierre Restany alla Galleria Schwarz di Milano quando venivano presentati in città Picabia, Duchamp, Arman. L'arte povera doveva ancora arrivare ma Nespolo già si divertiva a usare materiali «insoliti», come il legnetti delle sculture Power Violence o il vimini di tante installazioni, per non parlare poi del legno, al naturale o colorato, sfruttato per costruire i suoi «giocattoli», anche questi in mostra, e divertenti teatrini di parole e nonsense in legno e alabastro. In mostra ci sono ventagli in madreperla e sculture in cuoio (come il grande stivale rovesciato) o la composizione creata con i preziosi argenti ritrovati al pianterreno del museo di Kensington, in Inghilterra, e che danno il titolo alla scultura. Quando tutto corrono verso l'arte povera, Nespolo, bastian contrario, cerca l'arte ricca, i materiali preziosi e desueti: stupisce sempre e sfrutta con padronanza la tecnica dei puzzle, che non sono altro che figure sagomate in legno, tessere policrome dai contorni irregolari, quasi dei mosaici. Sono, anche fra le opere degli ultimi decenni, quelle più raffinate.

Tra le magie delle sue grandi sculture numeriche e le locandine dei film, tra i manifesti pubblicitari e le maioliche, tra i bronzetti dipinti e le enormi pagine di libro in legno colorato esposti, il buon sano pop di Ugo Nespolo ci dimostra che l'arte, nelle sue tante divagazioni, può contaminarsi con il quotidiano.

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