L'eredità di Tettamanzi: fondo salva-famiglie e accoglienza per tutti

Teologo stimato da Giovanni Paolo II, ha dato speranza ai fedeli separati e divorziati

L'eredità di Tettamanzi: fondo salva-famiglie e accoglienza per tutti

«Che cosa diremo a Gesù quando ci chiederà conto? Ero forestiero e mi hai chiesto le impronte digitali?». Ecco lo stile Tettamanzi, parole chiare e, se necessario, scontri diretti. Come quello che lo ha opposto alla Lega su proposte che da pastore sentiva di non poter condividere. In cambio, veniva attaccato un giorno sì e un giorno no. Ma per lui erano questioni epocali, tanto da accogliere, già arcivescovo emerito, un nutrito gruppo di rifugiati nigeriani nella casa di esercizi spirituali di Triuggio, Villa Sacro Cuore, che aveva scelto come casa per gli ultimi anni. In Brianza, a dieci chilometri da Renate, dove è nato 83 anni fa.

È difficile scrivere al passato di una persona in condizioni gravissime, in stato di incoscienza ma ancora vivo mentre le dita battono sui tasti. Eppure tornano alla mente i passaggi più forti delle sue omelie sulla corruzione e i vizi della politica, le parole più o meno fraintese sul caso Ruby, sull'importanza di amare tutti, a partire dai rom, e di dialogare con l'Islam, frequenti dichiarazioni a braccio che spesso venivano amplificate e distorte. A un certo punto gli guadagnarono il soprannome spregiativo di imam Tettamanzi, che divenne comune quando nel 2009 i musulmani in cerca di un luogo di culto improvvisarono un'imponente preghiera di fronte al Duomo che impressionò e divise gli animi, non solo in città.

Arcivescovo di Milano dal 2002 al 2011, ha goduto anche di nomignoli affettuosi, come «curato di campagna», per quei modi caldi con cui salutava i fedeli dopo ogni Messa, e per l'affetto quasi ingenuo con cui si coccolava tra le mani il crocifisso da vescovo. Allegro con i ragazzi. A loro, in un pomeriggio d'oratorio estivo ai piedi della Grigna, lui che aveva avuto la vocazione a 11 anni, confessava piccoli furti alla sant'Agostino come «mangiare anche la frutta degli altri quando era chierichetto» ma anche ciò che aveva provato non essendo diventato Papa, alla morte di Wojtyla. «Se qualcuno aspira al Papato o è un santo o è un pazzo» aveva risposto a un ragazzo più impertinente degli altri.

Aveva modi da parroco e studi raffinati, teologo apprezzato sui temi della bioetica, del matrimonio e della sessualità, tanto che più volte Giovanni Paolo II ne ha chiesto la collaborazione per la stesura di varie encicliche sul tema. Non ci andava leggero quando si trattava di parlare di aborto e pillole abortive, nemmeno da un pulpito di Milano: «Eliminazione di un essere umano, sia pure nei suoi primi stadi di sviluppo, essere umano che viene derubato del diritto alla vita».

Così, come per tante figure della Chiesa, è difficile appiccicargli etichette standard come «cardinale progressista». Aveva un debole dichiarato per Giovanni XXIII, «il Papa buono», e quando qualcuno, come capitava soprattutto con le signore, gli faceva notare che somigliava a lui, non riusciva a trattenere un sorriso soddisfatto. Tra i segni forti che ha lasciato a Milano, c'è la lettera «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito», diretta «agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione», che ha riacceso la speranza di tanti divorziati a Milano e non solo, diventando un faro per i cattolici italiani con matrimoni falliti alle spalle. E non stupì troppo quando, pur non partecipando al Sinodo, nel 2014 sulla comunione si schierò apertamente a fianco di Francesco.

Agli ultimi anni di episcopato appartiene una forzatura come il nuovo lezionario ambrosiano, che ha compiuto la separazione tra le letture romane e le letture ambrosiane che ancora adesso confondono alcuni fedeli. Ma l'eredità più profetica dei suoi anni milanesi è il Fondo Famiglia Lavoro.

Lo istituì nella notte di Natale del 2008 per fronteggiare i licenziamenti già avvenuti e in arrivo. La crisi aveva già colpito duro ma non ne erano chiare entità e durata. Lui volle stanziare il primo milione di euro. Ne arrivarono tanti, tanti altri.

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