Una giornata paradossale quella che è andata in scena ieri con il balletto tra le regioni e il governo, conclusasi con lo slittamento del Dpcm, firmato dal presidente del consiglio Conte nella notte di martedì a domani. E che ha delle ripercussioni gravissime sulle città e sul tessuto produttivo di Milano e la Lombardia in primis. I 10 milioni di lombardi si sveglieranno questa mattina con un punto di domanda: «Cosa posso fare?» Chi si era preparato ad abbassare le serrande fino al 3 dicembre, ieri all'ora di cena ha scoperto che invece ci sono ancora 48 ore di libertà (vigilata). Oggi quindi è ancora «liberi tutti» con negozi e bar aperti (con la chiusura alle 18), e la possibilità di spostarsi tra comuni e regioni. Ma, appunto, bar, ristoranti e pasticcerie, che non hanno fatto gli ordini per questa mattina, per non parlare dei piccoli negozi di vicinato che si erano organizzati per chiudere, si ritroveranno oggi nel caos. Oltre il danno, la beffa. Tutto rimandato a venerdì, quando entrerà in vigore il decreto. E le restrizioni da fascia rossa stabilite per la Lombardia, oltre che per Calabria, Piemonte e valle d'Aosta.
La giornata comincia con la notizia della firma del nuovo Dpcm, e l'attesa ansiogena di sapere in che fascia di rischio sarà collocata la nostra regione e quindi quali altre misure saranno adottate.
Verso le 16 sono attesi i dati che il Comitato tecnico scientifico e il Ministero della Salute dovrebbero comunicare per calcolare sulla base dei 21 indici il grado di allerta sanitaria dei territori. Dati che, secondo i vertici della Lombardia, non sono aggiornati. Così mentre il direttore del dipartimento Prevenzione del Ministero della salute Gianni Rezza «anticipa» che la Lombardia si configura come «zona rossa», il presidente della Regione Attilio Fontana sottolinea la non congruenza dei dati. «Sono ancora in corso le valutazioni sulle Regioni che diventeranno zona rossa ma quelle più colpite sono Lombardia con 7.800 nuovi casi oggi, il Piemonte con 3.600 e la Campania con oltre 4.000» dichiara Rezza alle 17, ricordando come «il Dpcm prevede la possibilità per le regioni di istituire delle zone rosse al loro interno».
In sostanza il Decreto stabilisce restrizioni a livello nazionale e regole generali per le tre fasce di rischio, cui segue in serata l'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza con le misure più stringenti ma omogenee per tutta la Regione, in base alla classificazione del territorio. Sulla scorta del monitoraggio settimanale dei contagi, si prevede la possibilità di allentare alcuni divieti sulle singole province. Aspetto che ha messo già sul piede di guerra i sindaci lombardi.
«Fino a questo momento non ci è stato comunicato niente dal Governo e non sappiamo in quale Fascia la Lombardia si collochi. Da nostre informazioni, l'ultima valutazione della Cabina di Monitoraggio del CTS con l'analisi dei ventuno parametri risale ad almeno dieci giorni fa. Ciò è inaccettabile. Le valutazioni devono essere fatte sulla base di dati aggiornati» scriveva furibondo Fontana alle 18.
Poi in serata la comparsa in televisione del premier Conte e la conferma che la Lombardia sarà «zona rossa», colpita dunque dalle più rigide misure restrittive.
Coprifuoco alle 22 su tutto il Paese, divieto di spostamento in ingresso e in uscita dalla Lombardia e all'interno della Regione se non per motivi di lavoro, salute o di necessità, chiusura di bar e ristoranti (consentite delivery e asporto) e dei negozi considerati di prima necessità. Sospesi i mercati e chiusi nei fine settimana i centri commerciali. Chiuse anche le scuole ad eccezione di infanzia, elementari e prima media con l'obbligo di mascherina.
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